7a CONFERENZA NAZIONALE SULLE DIPENDENZE – 3a PARTE

Schillaci (Pres. Fict): «Su 134.000 persone che vengono prese in carico in un anno, solo il 12% sono nuovi utenti, il resto sono vecchi utenti già in carico ai servizi».

secondo Balestra (Pres. FeDerSerD), «Bisogna valorizzare le competenze e le risorse complementari ed integrative, rendere più ricca l’offerta territoriale, rilevare in modo capillare i bisogni prioritari e monitorare gli interventi integrati»

data di pubblicazione:

12 Novembre 2025

Proseguiamo con la rassegna stampa della VII Conferenza Nazionale sulle Dipendenze, appena conclusasi a Roma. Di seguito, la cronaca, a cura del settimanale Vita, delle varie sessioni plenarie.

“La frammentazione causata dalle difficoltà burocratiche e normative si può superare armonizzando il sistema, è necessaria una governance con almeno un coordinamento centrale. Tra le tante criticità segnalate e le molte proposte presentate, è questo il punto comune di convergenza degli otto tavoli di lavoro della Conferenza nazionale sulle dipendenze, che si è appena conclusa a Roma con l’interlocuzione tra gli operatori del settore e le autorità istituzionali. Una novità interessante è che, per la prima volta, nella conferenza si è parlato di problematiche legate alle dipendenze tecnologiche, al gaming e al gioco d’azzardo.

«Ora c’è la necessità di “mettere insieme i pezzi”», ha detto Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche – Fict, subito dopo aver presentato le proposte del tavolo di lavoro “Strumenti di rilevazione, monitoraggio e valutazione d’impatto (outcome)”. «Gli operatori hanno ben chiaro che da soli non si va da nessuna parte, lo dimostrano il modo in cui abbiamo collaborato ai tavoli di lavoro durante questi mesi e le proposte presentate alla conferenza.

Parlando di frammentarietà, c’è un discorso legato agli ambiti e uno legato ai setting», ha continuato Squillaci. «Ad esempio, il carcere non parla con i servizi territoriali, che a loro volta non parlano con le scuole, che a loro volta non parlano con il Terzo settore. È un gran caos legato più ad impedimenti burocratici e normativi, piuttosto che ad una consapevolezza della necessità che ci sia un coordinamento centrale. Questo è un punto in comune tra tutti i gruppi di lavoro. Ci si può lavorare seriamente».

Un ulteriore elemento trasversale, emerso dalle conclusioni esposte dai partecipanti ai tavoli di lavoro, è la necessità di mettere in piedi un sistema nuovo, che sia molto più di prossimità e legato al territorio. «Su cinque persone che abusano di sostanze, riusciamo ad intercettarne una sola con il sistema dei servizi», prosegue Squillaci. Un dato rende bene l’idea di un sistema un po’ “ingessato” che fatica ad intercettare la mole di persone che non riesce ad avere supporto: «Su 134mila persone che vengono prese in carico in un anno, solo il 12% sono nuovi utenti, il resto sono vecchi utenti già in carico ai servizi».

«Abbiamo bisogno di aumentare i numeri degli assistenti sociali», ha detto Marina Elvira Calderone, ministra del Lavoro e delle politiche sociali. «Credo che sia fondamentale fare sinergia, accolgo la sollecitazione a costruire tavoli tecnici sia a livello territoriale sia tra i diversi ministeri.

Da questo, si possono fare analisi e costruire nuovi progetti innovativi. La nostra funzione deve essere proattiva per costruire la valorizzazione di un Terzo settore che è indispensabile, necessario e sussidiario allo Stato e che rappresenta un’eccellenza: non esiste un Terzo settore così strutturato, ampio e con competenze così diversificate in Europa come quello italiano».

Della necessità di costruire «percorsi di co-programmazione e co-progettazione con i soggetti del Terzo settore e gli enti locali, come previsto dal Codice del Terzo settore» ha parlato Roberta Balestra, presidente nazionale della Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze – FeDerSerD.«Bisogna valorizzare le competenze e le risorse complementari ed integrative, rendere più ricca l’offerta territoriale, rilevare in modo capillare i bisogni prioritari e monitorare gli interventi integrati».

«Soprattutto ai giovani non verrebbe mai in mente di rivolgersi ad un SerD ma neanche ad una comunità terapeutica. Bisogna investire su tutto ciò che li riguarda». L’attenzione di tutti gli otto gruppi di lavoro si è concentrata, in modo particolare, sugli adolescenti e sui ragazzi. «Per i giovani occorre moltiplicare i punti di accesso, le “antenne” sul territorio, i centri di aggregazione, le scuole, i servizi comunali», ha proseguito Squillaci.

Felice Alfonso Nava, direttore dei Servizi sociosanitari dell’Azienda Ulss 9 Scaligera di Verona, ha sottolineato l’urgenza, sotto la regia del Dipartimento politiche antidroga, di un «modello formativo nazionale, che sia un luogo di integrazione tra sanità, sociale, magistratura, amministrazione penitenziaria, avvocatura e Terzo settore. Questo modello deve essere finalizzato alla costruzione e alla valutazione di percorsi personalizzati appropriati e professionalizzanti dal punto di vista clinico, sociale e giuridico».

(…) Tra le criticità emerse nella Conferenza, emerge «l’esatta configurazione dei fenomeni. Non riusciamo ancora a disporre di dati precisi, esatti, adeguati sulla consistenza e sulla qualità dei fenomeni medesimi. I dati sono frammentati, raccolti con sistemi digitali in modo diverso da ogni regione, con modalità che non permettono una lettura omogenea, che è fondamentale.

Dobbiamo superare ogni ostacolo nella condivisione, occorre raccogliere i dati delle singole regioni in un sistema nazionale che consenta di valutare anche gli esiti degli interventi dei SerD (servizi per le dipendenze, ndr)», ha continuato Mantovano. È un problema di privacy? Si chiede il sottosegretario, con una domanda sollevata anche dai tavoli di lavoro. «Abbiamo l’interlocuzione con l’authority. La privacy è per l’uomo, non l’uomo per la privacy».

Prevenzione significa «comprendere la gravità della diffusione delle dipendenze e avere la determinazione nella volontà di far crescere questa percezione. So bene che esistono posizioni differenti sulla questione della riduzione del rischio del danno, sulla prevenzione dell’overdose, sulla prevenzione delle patologie correlate alla tossicodipendenza. Partiamo dall’obiettivo di “non abbandonare nessuno”, vediamo insieme come raggiungerlo senza far passare un messaggio di rassegnazione alla dipendenza, di mero mantenimento di questa condizione come obiettivo da raggiungere», ha detto Mantovano.

«L’importante è non assumere la sostanza: altrimenti abbiamo fallito. Lavoriamoci insieme senza pregiudizi». Il sottosegretario ha sottolineato che, «da oggi, occorre lavorare per il superamento delle difficoltà di interlocuzione tra SerD e salute mentale. Condivido la prospettiva per il paziente di un riferimento unico, di linee guida nazionali e di una formazione universitaria mirata».

«Ora che ci sono le risorse in più, vi prego, mi rivolgo anzitutto alle regioni: usiamole». Mantovano si riferisce al fondo di 277 milioni 770mila euro del Riparto tra le regioni, per il triennio 2025-2027, del Fondo per le dipendenze patologiche. «Facciamo i concorsi per l’assunzione nei SerD, pensiamo a progetti seri per la prevenzione e il recupero, facciamo la prevenzione già dalla scuola primaria per evitare i primi contatti dei bambini con gli stupefacenti. Sono d’accordo sulla necessità di mantenere l’autonomia e l’autonoma operatività dei dipartimenti autonomi territoriali per le dipendenze. Con la psichiatria il rapporto deve essere di integrazione e di cooperazione, non di assorbimento».”

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