ALLUCINOGENI, FLESSIBILITA' COGNITIVA E IMMAGINE DI SE'

data di pubblicazione:

19 Ottobre 2021

All’interno del rinnovato interesse, proveniente da più ambiti disciplinari, anche fuori dal campo strettamente medico, verso il potenziale terapeutico di alcune sostanze allucinogene, non mancano contributi filosofici che dialogano con la medicina e con la psichiatria. Sembra questo il caso di un volume pubblicato da Chris Letheby, per Oxford University Press, “Philosophy of Psychedelics” (2021, 261 pagine), di cui Paolo Nencini (Università degli Studi di Roma) offre un’ampia sintesi critica. Nell’analisi del libro, Nencini si sofferma sul modello interpretativo fornito da Letheby rispetto ai potenziali benefici terapeutici di queste sostanze. Scrive Nencini: “Ma come avvengono queste profonde e persistenti trasformazioni psicologiche? Il modello interpretativo fornito da Letheby propone che i benefici terapeutici degli psichedelici in ultima analisi derivino dalla decostruzione e conseguente ricostruzione delle rappresentazioni mentali di sé.

Questi eventi trasformativi sono spiegabili all’interno della teoria cognitiva secondo la quale il cervello funziona come una macchina inferenziale che costruisce modelli della realtà basati su approssimazioni statistiche dell’ipotesi migliore, continuamente aggiornati attraverso il confronto con gli input sensoriali. Il punto cruciale è che questo aggiornamento è sotto il controllo gerarchico di convincimenti, definiti come priorità, che lo costringono entro i limiti definiti dalle priorità stesse. In condizioni psicopatologiche, questi convincimenti possono assumere caratteristiche aberranti -soprattutto sotto forma di una percezione negativa di se stessi- che tuttavia debbono la loro persistenza al fatto che svolgono funzioni difensive di autoprotezione nella misura in cui riducono il senso di incertezza riguardo alla realtà. L’effetto degli psichedelici consisterebbe nell’allentare i vincoli posti da tali priorità, conferendo maggiore flessibilità cognitiva e offrendo l’opportunità di modificare in profondità modelli di sé e della realtà rigidamente trincerati in una condizione patologica. Insomma, sotto l’effetto degli psichedelici diverrebbe possibile un reset di configurazioni mentali disfunzionali, soprattutto dell’immagine di sé.”

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