CRISI OPPIACEI E CATTIVA GESTIONE DEL DOLORE POST-OPERATORIO

data di pubblicazione:

14 Giugno 2021

Fra i fattori scatenanti la crisi dei farmaci oppiacei in diversi paesi, alcuni autori ritengono che un ruolo importante sia stato giocato da una gestione poco oculata delle terapie del dolore post-operatorio. Si tratta della tesi centrale di una ricerca del Professor Lesley Colvin (University of Dundee) pubblicata sul The Lancet. Secondo Colvin, all’aumento del numero di operazioni chirurgiche dovuto all’aumento delle aspettative di vita è corrisposta in molti contesti, specie negli USA, una somministrazione eccessiva e poco monitorata di farmaci oppiacei per combattere il dolore post-operatorio. Come noto, in troppi casi a un’iniziale somministrazione di oppiacei per periodi limitati si è passati a un aumento di dosaggi e/o del numero di farmaci oppiacei, che per una parte di pazienti ha rappresentato la fase iniziale di una dipendenza e di modelli di misuso e di abuso degli oppiacei stessi. Del resto, le statistiche sono chiare: il numero di prescrizioni di farmaci oppiacei a livello mondiale, nel periodo 2001-2013, è più che raddoppiato. Un dato interessante mostrato dalla ricerca è il diverso atteggiamento dei medici, secondo i paesi, rispetto al trattamento del dolore cronico. Per lo stesso tipo di intervento, la gestione del dolore post-operatorio cambia in modo rilevante: mentre negli USA per una operazioni all’anca nel 77% dei casi si prescrivono in seguito farmaci oppiacei, per la stessa operazione in Danimarca mai; per una frattura della caviglia, negli ospedali USA l’82% dei pazienti riceve un oppiaceo, contro il 6% negli ospedali danesi. Da notare che il livello di soddisfazione dei pazienti per la gestione del dolore nei due paesi è lo stesso. In conclusione, la ricerca mostra l’importanza di una migliore – e più approfondita – gestione del dolore post-operatorio, così come del funzionamento di questa classe di farmaci.

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