ETNOGRAFIA DEGLI ULTIMI: UNA RECENSIONE DEL LIBRO DI CHRIS ARNAUD

data di pubblicazione:

27 Aprile 2021

Il prof. Paolo Nencini, sul blog di Società delle Dipendenze, offre una lettura del libro di Chris Arnaud, “Dignity. Seeking respect in back row America” (Sentinel, 2019, 284 pagine), non ancora tradotto in italiano. Il volume, arricchito da documentazione fotografica, è il racconto da parte dell’autore della vita di strada della parte più povera delle persone con dipendenze a New York e in altri Stati USA, specie quelli della Rust Belt (Pennsylvania, Virginia Occidentale, Ohio, Indiana, Illinois, Iowa orientale e Wisconsin). Scrive Nencini: “Nel filone etnografico può essere collocato il recente “Dignity. Seeking respect in back row America” (Sentinel, 2019, 284 pagine), un volume in parte fotografico di Chris Arnade. (…) Tutto ciò non gli era bastato e invece di salire ancora più su, era entrato in una crisi esistenziale che lo aveva portato a lasciare il lavoro per frequentare i posti “dove ti dicono di non andare”, a cominciare da uno degli angoli peggiori del Bronx a New York, Hunts Point. È lì che per tre anni ha passato le giornate in compagnia di una umanità dolente che il giorno vive in strada, con il McDonald come unico rifugio dove lavarsi e avere cibo a buon mercato, mentre la notte la trascorre sotto i ponti o nei palazzi abbandonati, con la speranza di racimolare abbastanza per un albergo a ore. D’altra parte, per costoro le uniche opzioni alternative alla strada sono di finire in prigione, o in riabilitazione o di essere ammazzati. Il dolore è la tonalità della loro vita, per altro talmente squallida che la morte non gli appare più così terribile e l’autore si chiede se piuttosto che un modo per smussare il dolore, la droga non serva per porvi fine una volta per tutte.
(…) In realtà, se qualcosa è mutato, lo è stato in peggio come si evince dal resto del libro che è la parte più originale, riassumendo quanto l’autore ha osservato guidando per 150mila miglia in giro per l’America, soprattutto nella Rust Belt, l’America abbandonata dalla manifattura fuggita all’estero in cerca di bassi salari. Qui l’ultima fila è occupata da coloro che non avevano opportunità se non quel lavoro a bassa qualifica che è scomparso con la delocalizzazione; era un lavoro che per molti andava benissimo nella misura in cui permetteva di avere un salario sufficiente a mettere su famiglia e alla fine di godersi una pensione decente. Le interviste agli anziani forniscono sempre la stessa risposta: il lavoro non c’è più e il vuoto è stato riempito dalla droga e dalla criminalità. La crisi ha colpito intere comunità, ma ha infierito soprattutto sugli afroamericani acuendone l’esclusione razziale. La droga non è arrivata quindi a minare un tessuto sociale integro, come vuole la vulgata corrente, ma a dare un senso a vite senza prospettiva e infatti anche in queste realtà si formano comunità attorno alla droga nelle quali non importa il tuo passato, i tuoi fallimenti e il colore della tua pelle.
Il testo e le immagini ci mostrano un mondo desolato di edifici abbandonati sprangati o cadenti, lotti sommersi di erbacce e immondizie, e in questo scenario che sembra creato da Philip Dick sopravvive la stessa umanità di prostitute e giovani criminali che abbiamo già visto vagare per il Bronx, anch’essa dentro e fuori di prigione o dai centri di riabilitazione, senza una abitazione stabile e sempre in cerca di quanto necessario per le dosi quotidiane di eroina, di crack, di metamfetamina o di qualsiasi altra droga che possa essere utile per tenersi su. Ciò che colpisce particolarmente Ardane è che gli unici luoghi che accolgono questa umanità così sofferente sono di nuovo i McDonald e le chiese. Anzi, nota l’autore, sovente coloro che stazionano nei McDonald sono gli stessi che frequentano le chiese, sono persone che in entrambi i luoghi passano ore a leggere la Bibbia ed è sorprendente quanto sia comune trovare Bibbie lerce nelle crackhouse o copie del Corano negli edifici abbandonati, e racconta di una coppia che nel suo vagare si portava dietro l’immagine dell’Ultima Cena, forse l’unica cosa che possedevano. È qualcosa che spiazza l’uomo di Wall Street, ossessionato dai numeri e convinto che nella scienza vi siano tutte le risposte necessarie, e se lo spiega col fatto che, diversamente da come agiscono le istituzioni assistenziali, nelle chiese nessuno ti chiede credenziali, divenendo così l’unica fonte di speranza. In fondo è la stessa speranza che tanti anni prima raccoglieva attorno alle chiese i personaggi afroamericani di “Gridalo forte” di James Baldwin.”

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