hiv: incrementare in modo significativo il numero di test rapidi

nel 2023 il nostro Paese ha registrato un incremento significativo delle nuove diagnosi di infezione da HIV, con 2.349 nuove diagnosi segnalate

poiché il virus circola anche tra chi non ha sintomi e non si percepisce a rischio, è necessario aumentare il numero di test eseguiti

data di pubblicazione:

16 Agosto 2025

Secondo Anlaids, l’aumento di nuove diagnosi di infezione da HIV in Italia pone la necessità di incrementare in modo significativo il numero di test rapidi. Grazie alla non invasività e alla sua gratuità, il metodo del test salivare riesce a coinvolgere fasce di popolazione poco raggiungibili.

Su oltre 11.400 test eseguiti dal 2018 al 2024 un caso ogni 130 circa è risultato positivo. Tra chi si è sottoposto al test per la prima volta una positività ogni 279 esami effettuati.

Queste le stime di Anlaids che grazie all’impegno delle sue sedi regionali, negli anni ha promosso in tutta Italia iniziative di testing rapido e counselling fuori dagli ospedali, presso CheckPoint e presidi dell’associazione. I dati sono stati presentati dall’Associazione al XVII congresso nazionale ICAR – Italian Conference on Aids and Antiviral Research, quest’anno in cui l’Associazione celebra i 40 anni di attività.

Il 43% di coloro che si sono sottoposti al test – di cui il 41,9% salivari, il 58,2% capillari, il 61,1% effettuato su uomini, il 38,9% su donne – aveva età compresa tra i 18 e i 24 anni, il 28% tra i 25 e i 30 anni, il 16% tra i 31 e i 40. Il 61% ha dichiarato comportamento eterosessuale, il 34% omosessuale. Il 75% era italiano, il 25% straniero.

Il test rapido, disponibile anche in versione salivare, anonimo, non invasivo e gratuito, restituisce il risultato in pochi minuti. È uno strumento prezioso per raggiungere chi altrimenti non si sottoporrebbe al test, soprattutto i giovani, che rappresentano il 43% del campione testato da Anlaids , le persone asintomatiche e coloro che non si rivolgono abitualmente ai servizi sanitari.

“Questi numeri ci dicono che il virus circola anche tra chi non ha sintomi e non si percepisce a rischio – ha dichiarato Luca Butini, presidente di Anlaids – l’HIV oggi si può prevenire e trattare, ma solo se si conosce il proprio stato sierologico e il test rappresenta il primo passo fondamentale. Per intercettare le infezioni sommerse, servirebbero almeno 2,5 milioni di test in un anno. È un obiettivo ambizioso, ma possibile che ci porterebbe a raggiungere l’obiettivo globale di UNAIDS, il Programma delle Nazioni Unite per l’HIV/AIDS, di porre fine alla sindrome da immunodeficienza acquisita come minaccia per la salute pubblica entro il 2030”.

Secondo l’ultimo notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2023 il nostro Paese ha registrato un incremento significativo delle nuove diagnosi di infezione da HIV, segnando un ritorno ai livelli precedenti alla pandemia di Covid-19, con 2.349 nuove diagnosi segnalate, pari a un’incidenza di 4,0 casi per 100.000 residenti (+9,8% rispetto al 2022).

Stando al Rapporto 2024 di sorveglianza per HIV/AIDS pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), emerge un numero totale di nuove diagnosi di HIV pari a 113.000 in 47 dei 53 paesi della regione europea dell’OMS, in leggero aumento (+2,4%) rispetto all’anno precedente.

Questo dato allarmante impone un cambio di paradigma: il test deve essere portato dove le persone vivono, lavorano e si curano. Investire nei test rapidi significa abbattere le barriere all’accesso, ridurre le diagnosi tardive e costruire una sanità più inclusiva ed efficace. Anlaids auspica che il Piano Nazionale d’Azione per porre fine all’HIV, alle epatiti virali e alle infezioni sessualmente trasmissibili (PNA HIV-EP-IST), ora al vaglio della Conferenza Stato Regioni, conduca a politiche regionali che prevedano fondi dedicati, formazione del personale e campagne di sensibilizzazione per promuovere l’uso dei test rapidi in tutti i contesti sanitari e comunitari. Anlaids invita tutti a informarsi, proteggersi e testarsi. La conoscenza è la prima forma di prevenzione: nessuno dovrebbe scoprire troppo tardi di essere positivo”, conclude Butini.”

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