Donne e dipendenze: serve un approccio di genere

le donne tendenzialmente chiedono meno aiuto degli uomini

Un'analisi che rispetto al tema delle dipendenze in Italia riguarda non solo le diverse sostanze di abuso, legali e illegali, ma anche la loro accettazione sociale, l'uso normalizzato e la non sanzionabilità di alcune condotte, fattori che hanno fatto si che il gap tra maschi e femmine, per quanto riguarda i consumi,  si sia ridotto sempre più nel nostro paese.

data di pubblicazione:

2 Gennaio 2025

E’ necessario adottare quanto prima un approccio di genere rispetto al tema del consumo di droghe. In sintesi è quanto afferma Anna Paola Lacatena in un articolo disponibile sul Bollettino Epidemiologico Nazionale Volume 5 (2) 2024. 

Un articolo che, a partire dai dati sull’abuso di oppioidi sintetici negli USA dal 1999 ad oggi, denuncia una “(…) ridotta attenzione in merito all’evoluzione del fenomeno consumo e dipendenza patologica al femminile, causato da sostanze d’abuso.”

Sostanze che nel caso del continente nord americano sono essenzialmente farmaci oppioidi di prescrizione medica, i cosiddetti painkiller (PK), tra tutti ossicodone, fentanyl e tramadolo.

“Il numero dei decessi correlati all’overdose da PK tra le donne, registrato negli Stati Uniti e in Canada, si è ampliato del 400% solo tra il 1999 e il 2010, ossia nell’arco di tempo indicato come “le prime due ondate” di quella che è andata sempre più delineandosi come un’indubbia emergenza sanitaria.

Di fronte a questi dati secondo Lacatena  “(…) è necessario un cambio di prospettiva, superando il forviante gender blindness – pratica diffusa nelle scienze mediche come in quelle sociali – e ponendo l’attenzione a una delle fasce più esposte e a rischio, a prescindere dall’età e dal ceto sociale: le donne.  Nonostante le percentuali di donne in carico ai Servizi per le Dipendenze (SerD) varino dal 15% del nostro Paese al 30% di alcune realtà europee, ciò non vuol dire che le donne consumino meno sostanze d’abuso in generale, ma probabilmente chiedono meno aiuto“.

L’autrice prosegue facendo un’analisi che riguarda le donne che hanno problemi di dipendenza in Italia, il rapporto delle donne con i farmaci e come le donne sono rimaste coinvolte nell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti e in Canada.

Un’analisi che rispetto al tema delle dipendenze in Italia riguarda non solo le diverse sostanze di abuso, legali e illegali, ma anche la loro accettazione sociale, l’uso normalizzato e la non sanzionabilità di alcune condotte, fattori che hanno fatto si che il gap tra maschi e femmine, per quanto riguarda i consumi,  si sia ridotto sempre più nel nostro paese.

Nel paragrafo riguardante l’epidemia USA, Lacatena sottolinea la responsabilità di diversi attori nell’innescare questo scenario. “(…) In generale la dipendenza patologica da analgesici e antidolorifici al femminile è stata in parte il risultato di pratiche inappropriate, di un marketing aggressivo da parte di alcune aziende farmaceutiche, di prescrizioni talvolta eccessive di farmaci da parte di medici e lì dove consentito anche da parte di farmacisti (come negli Stati Uniti); lo stesso fenomeno è accaduto in passato, a proposito soprattutto di psicofarmaci, anche in conseguenza di manipolazione dei media o di tentativi individuali di far fronte alle barriere sociali o professionali impedenti l’uguaglianza e l’autorealizzazione delle donne”.

In conseguenza di questo non solo vanno tenuti in considerazione i fattori specifici di genere nell’identificazione dei soggetti a più alto rischio di abuso di oppioidi da prescrizione, ma andrebbero implementati interventi di prevenzione specifici relativamente al sovradosaggio e al misuso, solitamente a scopi non medici.

Per quanto riguarda prescrizione, misuso e diversione degli oppioidi di sintesi negli USA, Lacatena indica nella mancanza di un sistema di controllo uno degli elementi che ha innescato questa epidemia. Mancanza di controllo che insieme “(…) all’approccio opportunistico dell’industria farmaceutica e la spinta a cancellare culturalmente l’esperienza del dolore hanno aperto, continuando ad autoalimentarla nel tempo, a una certa “disinvoltura” prescrittiva e, di conseguenza, all’instaurarsi di dipendenze e di casi – certo non voluti – di overdose, spesso fatali”.

Successivamente l’autrice espone alcuni dati per mettere in evidenza come le donne, in particolare negli USA, sono più soggette a rischi e conseguenze relative a sovradosaggi e prescrizioni, tarate su esigenze al maschile.

In conclusione Lacatena sostiene che, sebbene la situazione negli USA , riguardo al consumo/dipendenza degli oppioidi sia molto diversa, nel nostro paese è necessario alzare il livello di vigilanza attraverso la prevenzione e l’appropriatezza delle prescrizioni mediche. Inoltre andrebbe posta “(…) particolare attenzione al consumo/ dipendenza, alle vie di approvvigionamento, agli effetti e ai rischi specifici per le donne”.

 

 

 

 

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