Secondo Susanna Marietti, coordinatrice di ass. Antigone, la situazione delle carceri italiane è vicina a un punto di non ritorno. Fra le ragioni individuate da Mariotti, oltre al sovraffollamento, figurano la mancanza di investimenti sulle strutture, le scarse offerte formative e attività diurne, il mancato adeguamento del regolamento penitenziario.
Scrive Marietti in un intervento pubblicato sul Fatto Quotidiano: “In carcere ci sono tante, troppe persone. E non perché i posti disponibili siano pochi, ma perché la gente che ci mettiamo dentro è troppa. Hai voglia a costruire nuove galere (impresa peraltro finanziariamente ardita e che si è storicamente dimostrata inarrivabile): se continuiamo a usare il carcere come unica soluzione ai problemi della società, continueremo a riempirle in un istante e non ci basteranno mai. Oggi le carceri sono grandemente sovraffollate. Le carceri per adulti e quelle per minori, cosa senza precedenti nella storia. In alcune vivono il doppio delle persone rispetto ai posti. Si sta appiccicati in cella, con un caldo che non si respira, con la terza branda che sfiora il soffitto, con un unico bagno, con i fornelletti per cucinare accanto al water, a volte con le blatte nei materassi, a volte senz’acqua corrente, a volte con le finestre schermate che non lasciano passare aria. Protestare, quando si vive in queste condizioni contrarie a ogni dignità, è più che legittimo.
(…) Al sovraffollamento e alle ignobili condizioni igieniche si sommano scelte scellerate sulla vita interna. Subito dopo la condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nell’ormai lontano gennaio 2013, una provvidenziale disposizione amministrativa decretò che le porte delle celle dovessero rimanere aperte per almeno otto ore al giorno, cosicché le persone potessero venire impegnate in significative attività diurne e tornare in stanza per il solo pernottamento. L’organizzazione di significative attività è stata purtroppo sempre carente, ma quantomeno si poteva girare per la sezione e avere a disposizione un po’ più di spazio vitale.
Su questo, senza alcun motivo, si è deciso di tornare indietro. Oggi le celle sono chiuse per la stragrande maggioranza delle persone detenute, che possono recarsi ai passeggi (spesso piccoli cubicoli di cemento arroventato e senza nessun arredo) per le quattro ore d’aria previste dalla legge, mentre per le restanti venti sono costrette a vivere nello scenario che ho appena descritto. Protestare, quando si vive in queste condizioni inumane e degradanti e non si comprende il motivo di una scelta che ci fa tornare indietro senza senso, è legittimo. Alcuni sindacati autonomi di polizia penitenziaria si sono battuti per richiudere le porte delle celle, sostenendo che le disposizioni del 2013 portassero a un carcere fuori controllo e sovversivo. Ma la realtà sotto gli occhi di tutti è che per dieci anni non abbiamo avuto le proteste – teniamo fuori l’8 marzo 2020 e l’avvento del Covid, che è un’altra storia e dove comunque non si è mai dimostrata una regia esterna nelle proteste – che abbiamo oggi con le celle chiuse.
Le vessazioni inutili non si fermano qui. Con l’esplosione della pandemia e la chiusura dei colloqui con le famiglie, si estese la possibilità di contatti telefonici fino a una telefonata al giorno. Questa prassi restò in vigore per un po’ anche quando le visite in presenza erano ormai riprese. A un certo punto, dal nulla, si è deciso di imporre il ritorno alle previsioni normative precedenti, ovvero una telefonata a settimana di soli dieci minuti. Ma perché? Una volta che la situazione emergenziale aveva fatto constatare che la gestione organizzativa delle telefonate quotidiane era tutto sommato fattibile, perché tornare indietro?
Il regolamento penitenziario risale a 24 anni fa. Nel frattempo è cambiato il mondo, la tecnologia è esplosa. Perché lasciare indietro il carcere? Perché tornare a una sola, breve telefonata settimanale con i propri cari, se non per un’idea vendicativa della pena? Una telefonata, in un momento di sconforto, può salvare una vita. E purtroppo stiamo assistendo a una strage di suicidi che si va compiendo nelle patrie galere.”