Igoba: sarà commercializzata da una società del commercio equo e solidale

le piante utilizzate attualmente provengono dal mercato illegale

"L’ibogaina è il componente psicoattivo principale della pianta dell’iboga. Le maggiori concentrazioni di questa sostanza si trovano nelle sue radici e variano in base alla composizione chimica del suolo, al clima e alla presenza di altre piante. Anche il frutto dell’iboga - con i suoi colori che vanno dall’arancione al giallo acceso - può contenere ibogaina

data di pubblicazione:

9 Febbraio 2024

Il commercio equo e solidale mette sul mercato internazionale la pianta di Igoba, in particolare quella prodotta dal Gabon. Una pianta tra le più funzionali nei trattamenti per curare le dipendenze e il disturbo post-traumatico da stress (PTSD, dall’inglese Post-Traumatic Stress Disorder). Questa pianta, coltivata soprattutto nei paesi dell’Africa centrale, viene “(…) spesso consumata durante le cerimonie Bwiti, una tradizione praticata da molte comunità etniche del Gabon. Spesso queste cerimonie durano anche tutta la notte e sono caratterizzate da rituali complessi, costumi elaborati e musica. Si stima che il 5% dei 2,3 milioni di abitanti del Gabon siano stati iniziati al Bwiti.”
Ma per le sue potenzialità terapeutiche (contiene l’Ibogaina, una sostanza psichedelica) la richiesta dall’estero è aumentata notevolmente in questi anni. Per far fronte a queste richieste, e contrastare il commercio illegale, il governo del Gabon, ha emesso un’autorizzazione per la quale l’iboga coltivata in zone protette, potrà essere esportata legalmente.
L’Igoba è la prima sostanza psicoattiva a essere commercializzata ai sensi del Protocollo di Nagoya, un accordo supplementare alla Convenzione sulla diversità biologica (CBD, dall’inglese Convention on Biological Diversity) entrato in vigore nel 2014.
L’obiettivo di tale protocollo è evitare lo sfruttamento culturale e naturale, stabilendo la condivisione dei benefici per le popolazioni e i luoghi da cui provengono le risorse genetiche.

La sua commercializzazione sarà affidata a Terragnosis, una società canadese nata per procurarla e distribuirla in conformità al protocollo. In Canada è stata sottoposta ad analisi chimica e trasformata in alcaloidi puri, che sono stati poi inviati ad Ambio Life Sciences, gruppo di strutture cliniche in Messico che servirà da soggetto-pilota per il nuovo programma di commercio legale. In questo modo lo scopo principale è sostenere le popolazioni locali e aiutare le persone ad affrontare le loro dipendenze.

“L’ibogaina è il componente psicoattivo principale della pianta dell’iboga. Le maggiori concentrazioni di questa sostanza si trovano nelle sue radici e variano in base alla composizione chimica del suolo, al clima e alla presenza di altre piante. Anche il frutto dell’iboga – con i suoi colori che vanno dall’arancione al giallo acceso – può contenere ibogaina.
Isolata nel 1901 da farmacologi francesi e svizzeri, fu venduta sotto forma di compresse in Francia per curare una serie di malattie e per aiutare “individui sani in caso di sforzi fisici o mentali superiori alla norma”.

Negli anni ’60 un gruppo di psichiatri in Cile e negli Stati Uniti iniziò a utilizzarla come agente terapeutico, e un anno dopo emerse la capacità del farmaco di bloccare le dipendenze: Howard Lotsof – nativo di New York – scoprì che riduceva il suo desiderio di usare eroina, e che lo faceva in assenza dei caratteristici sintomi dell’astinenza.”
Nel 1070 gli USA la proibirono. “In Sudafrica, Nuova Zelanda e nello Stato di San Paolo in Brasile l’ibogaina è un medicinale su prescrizione; altrove è quasi ovunque in una zona grigia ai limiti della legalità: non espressamente approvata per uso medico, ma neppure proibita.

Nonostante la crescente richiesta di questa sostanza, che viene prodotta anche artificialmente, “(…) gli scienziati stanno ancora cercando di capire in che modo possa aiutare chi è affetto da disordini dovuti all’uso di sostanze a spezzare la dipendenza, evitando allo stesso tempo la terribile sindrome da astinenza.”
L’altro problema è contenere il traffico illegale, che sta mettendo seriamente in pericolo l’esistenza di questa pianta in alcune zone del paese. Si tratta quindi di convincere le cliniche, soprattutto nord americane, di acquistare Igoba legale e controllata. Una pianta che le popolazione indigene sono disponibili a condividere con il resto del mondo.

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