PAZIENTI ANZIANI CON HIV: VA STRUTTURATO UN APPROCCIO DI GENERE

strutturare approcci mirati per una popolazione che cambia

Bisogna ragionare su una nuova modalità di affrontare i bisogni delle persone sieropositive e migliorarne la vita, aumentando allo stesso tempo la sostenibilità dei sistemi sanitari europei attraverso la condivisione di best practices e approcci innovativi alla cura

data di pubblicazione:

28 Luglio 2023

Come affrontare l’invecchiamento di pazienti affetti dal virus HIV in un’ottica di genere è stato il tema affrontato in un convegno co-organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità – Centro di Riferimento per la Medicina di Genere e Dipartimento di Malattie Infettive e Fondazione The Bridge. Il convegno era finalizzato, tramite una serie di confronti tra esperti,  a comprendere la rilevanza delle varabili di genere nel contesto dell’invecchiamento in HIV. Da qui la necessità di promuovere azioni mirate e avviare nuovi percorsi diagnostici e terapeutici.
Per capire quali potrebbero essere questi percorsi mirati è nato nel 2016 il progetto europeo HIV Outcomes, che ha lo scopo di “(…) ragionare su una nuova modalità di affrontare i bisogni delle persone sieropositive e migliorarne la vita, aumentando allo stesso tempo la sostenibilità dei sistemi sanitari europei attraverso la condivisione di best practices e approcci innovativi alla cura”. Secondo alcuni degli esperti che hanno partecipato il sistema sanitario deve rimettere al centro il paziente rinnovando l’approccio clinico all’infezione e alle patologie ad essa collegate.
Secondo un ‘altra partecipante, Barbara Suligoi, Centro Operativo Aids, Dipartimento Malattie Infettive, Istituto Superiore di Sanità, l’invecchiamento di questa popolazione porta con se  riflessioni su come affrontare il tema dei test. Negli anni la quota delle persone over 50 con nuove diagnosi di HIV è cresciuta in termini percentuali, un trend che aumenta progressivamente. La stragrande maggioranza delle trasmissioni avviene attraverso contatti eterosessuali. È interessante il fatto che molte persone abbiano effettuato il test perché avevano un’altra patologia, mentre solo una bassa percentuale lo ha fatto perché consapevole di aver avuto un comportamento a rischio e su questo dobbiamo riflettere. Bisogna cercare di aumentare il numero di test, favorendo una modalità senza necessità di consenso informato scritto, per renderlo così più agevole”.
Infine secondo Angela Ruocco, Centro di Riferimento per la Medicina di Genere (ISS), questa popolazione ha bisogno, più che nel passato, di azioni mirate e di “(…) un approccio inclusivo rispetto all’assistenza sanitaria, nonchè di nuove relazioni di fiducia tra operatori e persone anziane, che si possano esprimere al di là del genere di appartenenza”.

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