MECCANISMI MEDIATICI E DROGHE: IL CASO BLUE PUNISHER

riflessioni critiche di Fabrizio Gatti sul caso "blue punisher", preparazione che contiene un principio attivo di MDMA maggiore dell’usuale (circa 5 volte)

i meccanismi mediatici sulle droghe, incentrati sulla spettacolarizzazione e sul sensazionalismo, possono confondersi con tecniche di marketing e di manipolazione

data di pubblicazione:

13 Gennaio 2023

I meccanismi mediatici alla base dell’informazione sulle droghe applicano sempre più retoriche sensazionalistiche, che possono confondersi con tecniche di marketing e di manipolazione. Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento delle Dipendenze della Asl Città di Milano, ne parla a proposito del caso “blue punisher”, preparazione che contiene un principio attivo di MDMA maggiore dell’usuale (circa 5 volte).

Negli ultimi giorni alcuni sequestri di questa MDMA ad alto dosaggio sono stati al centro di articoli giornalistici di tipo altamente allarmistico, che sottolineano gli effetti devastanti della sostanza. Gatti ne riflette criticamente, mettendo in luce i paradossi di questa modalità di fare informazione sulle droghe.

Scrive Gatti: “L’effetto di una sostanza, poi,  ha sempre a che fare anche con le aspettative e le speranze di chi la assume: per chi la vende, più sono alte e più alto è il valore. Chi ne é attratto bypasserà i termini come “devastante” o “micidiale” che, ormai, vengono appiccicati a qualunque droga e le dichiarazioni tipo “un concentrato dagli effetti dannosissimi: anche mezza compressa è ritenuta letale”, che poco si conciliano con il fatto che il “blue punisher” sia usato per fare sesso e non ci sia, almeno per ora, una strage in corso, di chi ne usa una dose intera.

Insomma, tutti gli avvertimenti di pericolo diventano poco credibili e possono essere facilmente scotomizzati dal concetto che qualsiasi cosa è pericolosa, compresa la vita stessa e smussati da altre informazioni che spiegano come la sostanza sia meno pericolosa di altre (c’è sempre una sostanza più pericolosa da citare ad esempio per “giustificare” un consumo) e che sia usata, in alcuni casi, a scopo terapeutico.

Così, partendo da una notizia come tante che raccontano di sequestri a spacciatori, ma ingigantita dalla novità e dalle iperboli sulla potenza della droga, e volendo approfondire, quello che rimane, dopo una lettura di diverse fonti non tecniche, e qualche ricerca su Google, assomiglia complessivamente ad una vera promozione o comunque a qualcosa che stimola la curiosità per il consumo, più che dissuaderlo.

Chi si occupa di comunicazione dovrebbe tenerne conto, sapendo che non basta buttare lì qualche “devastante” o “micidiale”, per equilibrare il tutto. Ma anche chi della comunicazione è un destinatario e un utente, dovrebbe tenere presente che la interconnessione ed i nuovi media sono evoluti tecnologicamente e si proiettano verso una nuova era, ma nascono, sono costruiti e prosperano nello sviluppo di concetti “antichi”, del secolo scorso, che hanno a che fare con il condizionamento di opinioni e bisogni per la generazione di consumi di massa, affinché si consumi di più, qualunque prodotto.

Se questo è solo in parte evidente per i prodotti leciti, per quelli illeciti, l’evidenza è ancora minore e si fa veramente poco avvertibile, soprattutto quando si tratta di prodotti di cui non abbiamo alcuna necessità reale, e ci possono recare danno. E se da nuovi, li si vuole promuovere, …basta farseli sequestrare.

L’importante è che il bisogno del consumo arrivi prima di ogni altra consapevolezza. In questo le nuove tecnologie ed i loro algoritmi, sono il supporto ideale per indurre questo gap, tra persone che comunicano, senza aver ancora rielaborato, sebbene in modo nuovo, l’antico significato di saper leggere, scrivere e far di conto. Nessuno ha avuto modo e tempo di insegnarlo e in pochi sembrano preoccupati che la nostra cultura sia sempre meno adeguata ai tempi, con conseguenze (queste si) che potrebbero essere davvero devastanti.  Basterebbe guardarsi intorno: già si intravedono.”

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