CARCERI E CONDIZIONI DI DETENZIONE TRA LE PERSONE TOSSICODIPENDENTI

data di pubblicazione:

2 Maggio 2022

Un articolo di Anna Paola Lacatena, pubblicato sul sito Quotidianosanità.it, affronta il tema delle condizioni dei detenuti con Disturbi da uso di sostanze (DUS) nelle carceri italiane, facendo anche riferimento al XVIII Rapporto sulla condizione di detenzione presentato dall‘Associazione Antigone il 28 aprile scorso.

Uno degli approfondimenti che compongono il Rapporto, dal titolo “Le politiche tossiche sulle droghe. Cannabis e referendum, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n.51/2022″, che dovrebbe affrontare le condizioni di detenzione, secondo Lacatena manca di ” (…) riferimenti alla condizione dei detenuti con Disturbo da uso di sostanze (DUS)”, concentrandosi prevalentemente su altre questioni. Il Rapporto, prendendo a riferimento report internazionali quali il Prison and drugs in Europe del 2021 pubblicato dall’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction, e la Relazione al Parlamento sul fenomeno della tossicodipendenze del 2021, fornisce soprattutto dati relativi alla popolazione carceraria che ha commesso reati per uso di sostanze o in relazione ad esse, su operazioni di polizia e su procedimenti giudiziari, tutti dati importanti per introdurre successivamente la questione del referendum sulla cannabis. Secondo Lacatena però il Rapporto “(…) non si sofferma sui detenuti con DUS, o meglio attenziona ciò che li ha condotti alla perdita della libertà più che le condizioni della loro detenzione”.
Invece questa condizione per Lacatena va attenzionata maggiormente, soprattutto alla luce di alcuni dati, come quelli di una “(…) metanalisi (Fazel et al. 2018) che ha stimato una prevalenza rispettivamente del 30% e 51% per disturbi da dipendenza di sostanze tra uomini e donne detenute, con una tendenza, negli ultimi 10 anni, ad un aumento generale nella prevalenza di questi disturbi in questa popolazione”.
All’interno di  questo quadro  risulta fondamentale il lavoro dei Ser.D, sia all’interno del carcere che all’esterno, in particolare nel momento della presa in carico successiva al rilascio, che rappresenta un periodo  particolarmente critico per la salute della persona.
“(…) Nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea ha luogo una vera e propria preparazione alla scarcerazione, che prevede anche il reinserimento sociale. Programmi di prevenzione dell’overdose tra i consumatori di oppiacei per via parenterale sono segnalati in cinque paesi che forniscono formazione e naloxone al momento dell’uscita dal carcere“. Inoltre “(…) La legge stabilisce l’immediata presa in carico dei detenuti da parte del SER.D. intramurario al fine di evitare inutili sindromi astinenziali ed ulteriori momenti di sofferenza del tossicodipendente, assicurando la necessaria continuità assistenziale con la predisposizione di programmi terapeutici personalizzati, a partire da un’accurata valutazione multidisciplinare dei bisogni del detenuto”.
Anche i suicidi in carcere rappresentano un problema importante da affrontare nel nostro paese, problema che si collega fortemente anche alla dipendenza da sostanze, oltre che a disturbi di altro tipo (rapporto SPACE 2021). Per affrontare e contenere queste forme di autolesionismo si sottolinea anche l’importanze della formazione: “(…) Per Eisenstat e Felner (1983), l’istituto penitenziario è un “sistema burnout”, che solo un intervento mirato a livello organizzativo può modificare per limitare il disagio dello staff e dei ristretti. Formazione e supervisione sono sempre più imprescindibili per permettere l’espletamento delle funzioni istituzionali con partecipato distacco”. 

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