PARENTAL ABUSE: ADOLESCENTI VIOLENTI CONTRO I GENITORI – UN FENOMENO EMERGENTE

data di pubblicazione:

2 Agosto 2021

Il parental abuse, o violenza filio-parentale è un fenomeno sottostimato. Sono molti gli adolescenti che minacciano, aggrediscono e cercano di imporre il proprio potere e controllo nella relazione con i genitori.  Si tratta di un fenomeno emergente che la letteratura scientifica e l’opinione pubblica faticano ancora a mettere a fuoco; in genere emerge tra i dodici e i quattordici anni, con un picco di tra i quindici e i diciassette e uno stabile declino dopo l’ingresso nella maggiore età.
I pochi studi a disposizione indicano un’incidenza tra il 14 e il 20 per cento negli Stati Uniti (che aumenta fino al 64 per cento considerando anche gli abusi psicologici), con dati simili in Spagna, dove dal 2006 è stato creato anche un Centro di intervento e formazione in violenza filio-parentale. In Italia tra il 2014 e il 2017 c’è stato un aumento del 56 per cento delle denunce a carico di minori in ambito familiare.
La psicoterapeuta Virginia Suigo, dell’Istituto Minotauro afferma che ad essere in aumento non è la violenza parentale che riguarda ragazzi con psicopatologie conclamate, o problemi di tossicodipendenza, ma quella degli adolescenti “normali”, cresciuti in famiglie prive di particolari problematicità.

Questo tipo di violenza consiste nell’umiliazione costante e impietosa del genitore, in un’escalation di aggressività che sembra seguire dei passaggi tipici: il figlio è eccessivamente irritabile, poi comincia a enfatizzare con teatralità i danni che ritiene di aver subito; a delle piccole azioni di danneggiamento subentrano comportamenti intimidatori, la distruzione di oggetti, fino all’aggressione fisica. Benché il fenomeno sia molto complesso, è possibile individuare alcune costanti. Le famiglie mononucleari, composte da madre e figlio maschio, sembrano particolarmente a rischio. Le vittime sono più spesso le madri, tanto che alcuni preferiscono parlare di violenza filio-materna.

Genitori iper-responsabili, attenti, amorevoli, tiranneggiati da figli cresciuti nell’assunto che tutto sia loro dovuto. A volte si tratta di adolescenti ai quali è mancata la possibilità di sperimentare la separazione e l’indipendenza emotiva.

Tra i fattori di rischio ci sono l’abuso di internet, un divorzio, l’isolamento sociale – non solo del figlio, spesso anche del genitore, che identificandosi completamente nel ruolo di padre o di madre si è annullato come persona.

La negazione del problema è una costante di queste esperienze, di cui viene riconosciuta la gravità solo quando la situazione è ormai molto compromessa. Ad aggravare le cose c’è lo stigma sociale e la colpevolizzazione con cui i genitori si trovano a fare i conti nei primi tentativi di intervento. E questo trova spesso una sorta di collusione nei professionisti, che non solo faticano ad accettare la realtà della violenza.

La cosa più importante è comprendere quale messaggio l’adolescente rivolge al mondo adulto attraverso il suo comportamento. In genere dietro c’è la paura. Paura di non essere all’altezza dei genitori, paura di non farcela come adulti.

Suigo pensa che il dramma di questi figli fragilissimi abbia una radice socio-culturale. Che il parental abuse sia, in sostanza, un «disturbo etnico», cioè tipico del periodo storico che stiamo vivendo. «Tutti i dati mostrano che le nuove generazioni sono poco ribelli e poco inclini alla violenza sociale: il fatto che tra le mura di casa la violenza sia invece in aumento fa pensare a un fenomeno specifico del nostro tempo». L’ipotesi di Suigo è che dietro ci sia «una tendenza della famiglia a costituirsi come un universo sempre più chiuso che impedisce ai figli di confrontarsi col mondo. I loro bisogni evolutivi risultano frustrati. I conflitti non possono fluire all’esterno, ed esplodono all’interno».

Le situazioni più drammatiche, in effetti, sembrano accumunate da una dimensione claustrofobica a livello primitivo, fisico. «Quando il genitore fisicamente si frappone, cerca di bloccare l’uscita, l’adulto diventa anche concretamente, non solo simbolicamente, l’ostacolo da superare a ogni costo». In questo senso il lockdown ha amplificato il fenomeno.

«Gli adolescenti hanno reagito all’emergenza sanitaria con impressionante mansuetudine. Non hanno protestato e non hanno infranto i divieti. Sicuramente meno di quanto avrebbero fatto le generazioni precedenti. In sostanza, si sono fatti carico delle paure degli adulti, e poi sono scoppiati».

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