APPS SULLA SALUTE E PROBLEMI DI PRIVACY E USO DI DATI PERSONALI

data di pubblicazione:

2 Agosto 2021

Le applicazioni e le tecnologie digitali che permettono la sperimentazione di nuove tecniche in campo medico sono sempre più diffuse. A partire dal 2015, è infatti nato un nuovo mercato di applicazioni per smartphone, concepite in modo mirato per fornire assistenza e aiuto per svariate patologie e problemi di salute, anche per le dipendenze da sostanze. Un articolo della giornalista Sara Morrison affronta la questione esaminando i problemi di privacy e di commercializzazione dei dati in applicazioni per smartphone usati per la dipendenza e la cura da oppiacei. In particolare, Morrison ha analizzato i risultati di una recente ricerca su alcune applicazioni per Android, che dimostra come tutte le applicazioni studiate permettano l’uso di dati personali dell’utente a parti terze, come Facebook e Google. A causa della mancanza di norme specifiche, di fatto gli utenti che utilizzano queste applicazioni sono esposti alla commercializzazione dei loro dati personali e di informazioni altamente sensibili, come appunto lo stato di salute e la condizione di dipendenza da sostanze.

In effetti, anche se le leggi che tutelano la privacy e regolano l’uso e la condivisione dei dati personali esistono, a livello tecnico per gli utenti di questi servizi e applicazioni mediche è molto difficile capire come gestire i propri dati e quali sono i propri diritti a riguardo. Nella pratica, è alto il rischio che le informazioni sensibili e i dati personali di chi usa questo genere di applicazioni, vengano cedute o vendute a siti esterni, che possono così avere accesso a dati molto delicati e violare così la riservatezza individuale. Anche un recente studio su più di 20,000 applicazioni mediche e di salute su Android, pubblicato su British Medical Journal, ha trovato che la grande maggioranza può avere accesso e condividere dati personali, e che spesso tali servizi non sono trasparenti con gli utenti rispetto alle loro pratiche sulla privacy.

LINK ALL’ARTICOLO (INGLESE)

Ti potrebbe interessare anche
Precedente
Successivo