CONSUMO DI ALCOL E DISTURBO DA USO DI ALCOL IN ERA SARS-COV-2

data di pubblicazione:

7 Settembre 2021

L’introduzione dell’articolo CONSUMO DI ALCOL E DISTURBO DA USO DI ALCOL IN ERA SARS-COV-2, a cura di G. Testino, F. Caputo, V. Patussi, T. Vignoli. E. Scafato, pubblicato sull’ultimo numero di MEDICINA DELLE DIPENDENZE, è dedicata a descrivere e ricostruire le specifiche virali del SARS-CoV-2 e le sue modalità di sviluppo in sindrome citochinica, che può essere clinicamente severa. Tutto a sottolineare quanto sia ben nota la correlazione dose-dipendente tra infezioni virali e consumo alcolico. I dati evidenziano che il 30-40% dei pazienti con AUD (Alcohol Use Disorder) è affetto da HCV e/o HIV; il 70% dei pazienti affetti da HCV e/o HIV ha una storia di AUD (Ruuskanen et al. 2011; Testino et al. 2016).Il consumo di alcol – proseguono gli autori – aumenta anche il rischio di infezioni comunitarie (IC), tra le più frequenti cause di polmonite (si pensi che in Nord America e in Europa hanno un’incidenza annuale di 5-11 casi per 1000 adulti). Naturalmente il CCA (Consumo Cronico di Alcol) incrementa il rischio di infezioni virali e può portare allo sviluppo del cosiddetto “polmone alcolico” (Testino, 2000). Ovviamente, ci spiega l’autore il tutto si traduce in maggior rischi di sviluppare danni acuti e polmoniti. In sostanza l’attività di alcuni gruppi di cellule T, B e NK viene drasticamente alterata dall’etanolo, che apre così loro la via primaria di accesso a possibili aggressione virali, sgombrandola da eventuali “ostacoli”. Tra gli altri fattori, poi, non va dimenticato che i pazienti affetti da AUD sono esposti a maggior rischio infettivologo anche per ragioni di vita irregolare, con possibile mancanza di accesso alle comuni norme igieniche, e talvolta anche il peso di uno stigma che rende ancor più difficile l’accesso al sistema sanitario.
I pazienti affetti da epatopatia cronica alcol-correlata (alcohol related liver disease, ALD) in era covid sono certamente molto fragili. L’articolo prosegue indicando quali alterazioni del sistema immunitario rendono più facili l’acquisizione di infezioni. In particolare l’ALD anche nelle fasi iniziali (steatosi/steatoepatie) produce livelli elevati di citochine, creando un terreno “fertile” per accogliere Covid-19. D’altronde alterazioni epatiche erano già state riscontrate nelle precedenti epidemie da CoV.
Pazienti con AUD e/o con disturbo da uso di sostanze (Substance Use Disorder, SUD) sono certamente a maggior rischio di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e di averne un decorso peggiore. Sono inoltre pazienti che presentano spesso comorbilità psichiatrica o intrinseca associata, il cui decorso è particolarmente lungo e complesso. È necessario dunque, concludono gli autori, approntare una strategia che innanzitutto identifichi e supporti i pazienti affetti da AUD e/o SUD come parte della strategia più complessiva per affrontare la pandemia.
Per quanto riguarda il tema dei vaccini, l’articolo fa riferimento alle dichiarazioni recentemente riportate dai media da parte delle autorità russe sul rapporto tra alcol ed efficacia della vaccinazione (Sputnik V): viene consigliata astensione alcolica nei 15 giorni precedenti e nei 24 successivi la somministrazione del vaccino (raccomandazione peraltro già fornita dall’Osservatorio Alcol dell’Istituti Superiore di Sanità e dalla Società Italiana Alcologia). L’interferenza fra alcol e vaccini non è comunque una novità (antiinfluenzale, vaccino HBV, ecc.). In sostanza, è bene astenersi dal bere in prossimità delle vaccinazioni, o comunque non superare mai i dosaggi “a basso rischio” (1 unità alcolica per la donna e 1-2 per l’uomo), come “doveroso atto di prudenza”. Per quanto riguarda i pz AUD la raccomandazione del Centro Alcologico è quella di portare i pazienti in astensione da almeno 30 giorni prima di procedere alla vaccinazione, tempo prudenziale necessario per ristabilire l’attività piastrinica, nonché alcuni parametri dell’immunità innata e acquisita.

CONSUMO DI ALCOL E DISTURBO DA USO DI ALCOL IN ERA SARS-COV-2
Di G. Testino, F. Caputo, V. Patussi, T. Vignoli. E. Scafato
Pag 27-31
in MEDICINA DELLE DIPENDENZE
ANNO XI – NUMERO 42
GIUGNO 2021

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