HIKIKOMORI E DIPENDENZE DIGITALI

data di pubblicazione:

15 Giugno 2020

Un articolo pubblicato sulla rivista Dal Fare al Dire, offre un’accurata analisi delle relazioni intercorrenti tra il fenomeno Hikikomori e le dipendenze digitali.
Attraverso un’ampia rassegna di studi, l’articolo evidenzia come sia necessario iniziare a conoscere, saper distinguere e approcciarsi alle diverse problematiche: Hikikomori, Neet e Internet Addiction.

Neet è l’acronimo di “not in education, employment or training” e si riferisce ai giovani che non sono impegnati in attività formative o lavorative.
Se è vero che tutti gli Hikikomori sono NEET, è altrettanto vero che non tutti i NEET sono hikikomori.
I Neet si differenziano dagli Hikikomori per la loro tendenza a mantenere una soddisfacente vita relazionale nonostante l’inattività a livello formativo e/o lavorativo.
E’ altrettanto importante attuare una distinzione tra Hikikomori e Internet Addicted, dato che molto spesso i due fenomeno vengono considerati interscambiabili.
Il fulcro della differenziazione risiede nella dissimile valenza qualitativa dell’uso di Internet e del ritiro sociale. La persona dipendente da Internet si ritira socialmente in seguito all’abuso e alla dipendenza dalla rete stessa; l’isolamento sociale, quindi, è la conseguenza dell’addiction.
L’Hikikomori, invece, si ritira volontariamente dalla società per paura dell’insuccesso sociale in un contesto ipercompetitivo e iper-richiedente; l’isolamento, pertanto, è un atto di fuga dalle pressioni di realizzazione sociale. L’abuso di Internet per l’Hikikomori è una conseguenza del ritiro, non la causa, e scaturisce dal bisogno di intrattenimento, svago e mantenimento delle relazioni con il mondo esterno.
Un’altra categoria da tenere a mente sono i Massively Multiplayer Online Role-Playing Gamers (MMORPG) ovvero giochi MMO che appartengono al genere RPG (giochi di ruolo).
Nel MMORPG il giocatore è responsabile dello sviluppo delle capacità e delle peculiarità del proprio avatar. La maggior parte dei RPG non solo conferiscono al proprio giocatore il controllo del personaggio, ma anche del mondo in cui questo vive.
Una serie di significati esistenziali e bisogni insoddisfatti nel mondo offline (presenza di deficit delle abilità sociali, scarsa autostima, espressione di Sé e difficoltà nell’assunzione di ruolo) trovano terreno fertile nella realtà virtuale, dove l’unico ostacolo è costituito dalla propria capacità creativa e immaginativa.
Le dinamiche di gioco possono quindi rappresentare un fattore di rischio in termini di dipendenza/dissociazione proprio perché il soggetto può identificarsi nell’avatar al punto da vivere una vita parallela on line, creare una propria storia, una nuova identità rincorrendo la materializzazione, seppur virtuale, del proprio ideale dell’Io.
La vita reale non è altro che una finestra in più, e in genere nemmeno la migliore, ed è questo l’elemento di rottura che cede il passo alla patologia web mediata. Nell’ambiente virtuale il soggetto sperimenta nuove identità nelle quali può rimanere imprigionato.
Sia la relazione tra Hikikomori e avatar, che quella esistente tra Internet Addicted e avatar, può caratterizzarsi come problematica, additiva e con risvolti dissociativi a livello psicopatologico.
Alla luce di questi elementi, secondo l’autrice, si rende necessario un adattamento dei percorsi di prevenzione e di cura: bisogna considerare l’intervento virtuale come un prompt ausiliario che permette al paziente di avviare un processo di assimilazione-accomodamento, in termini piagetiani, che gradualmente lo guidi a riprendere contatto col mondo circostante mediante processi di generalizzazione.

Dal punto di vista sperimentale potrebbe essere utile creare un portale che funga da ponte tra specialisti e soggetti IAD che richiedono un supporto virtuale, elargibile mediante cheat terapy e skype terapy attraverso una comunicazione mediata dal computer.
La realtà virtuale, mediata dal terapeuta, va considerata come un laboratorio di sperimentazione della vita reale: la realtà virtuale simula il reale e può essere utilizzata per simulare situazioni e contesti vissuti come critici dal paziente, in modo da intervenire sulle strategie di coping, sull’alfabetizzazione emotiva e sugli schemi di pensiero disfunzionali, con l’obiettivo ultimo di padroneggiare e generalizzare l’applicazione agli strumenti acquisiti anche nella quotidianità.
L’autrice sottolinea che, per favorire una concettualizzazione dell’esperienza dei ragazzi, sia importante iniziare a saper leggere la realtà come inter-realtà e a concepire mondo off-line e on line come interagenti e integrati.

HIKIKOMORI E DIPENDENZE DIGITALI
Rosaria Giordano
Dal Fare al Dire 1/ 2020
pag. 12-23

L’articolo è disponibile per la consultazione c/o Cesda

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