medicina delle dipendenze su sessualità e dipendenze

la volontà del paziente, che presenta parafilie "rischiose", di ricevere o meno un intervento terapeutico può non coincidere con il punto di vista espresso dal clinico

nel caso delle dipendenze sessuali, lo scopo del trattamento coincide con l'estinzione della parafilia, con la possibilità di contenerne il comportamento?

data di pubblicazione:

25 Luglio 2025

Il nuovo numero di Medicina delle Dipendenze è dedicato al tema sessualità e dipendenze. I vari contributi ospitati affrontano diversi aspetti della questione, a partire dall’editoriale (Pacini e Vecchi), seguito da ipersessualità come asse dell’addiction (Pacini), i rapporti tra pornografie e parafilie (Mirri e Fasolo), l’attività sessuale e le sostanze d’abuso (Caputo e Bruzzone), addiction sessuale e crimini sessuali (Caputo e Bruzzone), il chemsex (Vecchio), la terapia dell’ipersessualità patologica (Pacini), cronaca nera della devianza (Pacini).

Vediamo brevemente i contenuti dell’editoriale che apre la rivista. Pacini e Vecchi iniziano la discussione trattando il problema del patologico nella fisiologia, sottolineando come alcune condizioni “abnormi”, anche di tipo costitutivo, possano non costituire un problema dal punto di vista clinico. In estrema sintesi, il confine tra fisiologia e patologia non è sempre così netto come potrebbe apparire.

Diverso il caso quando di esamina il comportamento umano. In questo caso, entra in gioco una variabile fondamentale: la volontà del paziente di ricevere o meno un intervento terapeutico, volontà che può non coincidere con il punto di vista espresso dal clinico.

Si aprono così due diverse visioni, che gli autori ritengono fra loro irriducibili. La prima sottolinea “che per la definizione dell’addiction occorrano fattori che indichino come elemento patologico quello del comportamento rispetto all’intenzione che il soggetto esprime, e che corrisponde a un conflitto tra istinto e intenzione, tra programma desiderabile e desiderio.

L’interpretazione alternativa considera il soggetto non in grado di anteporre l’intenzione al desiderio (è capace di intendere ma non di volere)”. Da questo conflitto, nasce una serie di altre questioni, inclusi gli obiettivi cui dovrebbero ispirarsi i trattamenti delle dipendenze nella sfera sessuale.

L’interrogativo di fondo è così riassunto dagli autori, che non nascondono la diversità di opinioni: “Il medico su quale “patologico” interviene: in base alla diagnosi e sulla prognosi, di condizioni indesiderabili per la persona, o anche quando si tratta di condotte lesive e abnormi, ma sintoniche?

E se sì, l’intervento avviene con la prospettiva che il soggetto sviluppi in seguito anche autocritica, o semplicemente per la possibilità di contenerne il comportamento? La sessualità fisiologica di un soggetto sessualmente sociopatico deve essere un obiettivo del trattamento, o non necessariamente? La vita sessuale di un soggetto con parafilie rischiose può soltanto migliorare se la parafilia si estingue di fronte a un trattamento? Anche su questo punto i pareri degli autori sono discordi

DISPONIBILE C/O CESDA

 

 

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