Escluso il cancro, forse nessuna condizione medica spaventa più dell’hiv. Si tratta di una considerazione contenuta in un articolo leggibile sul sito di Internazionale che riguarda il virus HIV e l’AIDS. Una considerazione fatta da una persona che ha scoperto di aver contratto il virus dell’hiv e allo stesso tempo ha scoperto quanta poca informazione e quanti pregiudizi ci sono intorno a questo tema, anche tra le persone più vicine a noi.
Tutto questo nonostante oggi, grazie ai farmaci antiretrovirali, si possa avere una vita normale e ci siano strumenti di prevenzione efficaci.
Per quanto riguarda le terapie antiretrovirali, queste “(…) non guariscono, ma eliminano il virus dall’organismo finché vengono assunte. Permettono di avere figli sani, di “stringere patti di sangue nelle notti di luna piena”, ed eliminano il rischio di trasmissione dell’hiv dal sesso non protetto. Questo principio è stato dimostrato scientificamente nel 2011, ed è noto come U=U, “undetectable = untrasmittable”: se il virus non è rilevabile nel sangue, non è trasmissibile. Le terapie antiretrovirali prevedono una pillola al giorno, o un’iniezione ogni pochi mesi, senza più i pesanti effetti collaterali e le limitazioni dei farmaci delle generazioni precedenti, e sono coperte dal sistema sanitario nazionale.”
Rispetto agli strumenti di prevenzione non solo c’è il profilattico, ma “(…) dal 2018 anche in Italia è disponibile una terapia preventiva – chiamata Prep, cioè Profilassi pre-esposizione – che è più efficace del preservativo a prevenire l’infezione in caso di rapporti con una persona con hiv.”
A dispetto di quanto sopra i dati riportati sulle nuove diagnosi da HIV nel 2023 sono in crescita rispetto agli anni precedenti. Una crescita in parte dovuta al periodo pandemico, dove le persone si sono testate di meno, e in parte perché ci si protegge di meno.
Infatti “l’uso del preservativo è in forte diminuzione, specie tra i più giovani, perché all’hiv non si vuole pensare. La Prep è spesso sconosciuta o difficile da ottenere, perché all’hiv non si vuole pensare.”
Per quanto riguarda le nuove diagnosi, esse “(…) riguardano, per più della metà, persone eterosessuali. Sono in misura sempre crescente diagnosi tardive, cioè in presenza di sintomi già rilevanti: l’infezione da hiv compromette il sistema immunitario in modo graduale e per molto tempo reversibile; quando la compromissione supera una certa soglia insorgono alcune infezioni collaterali, a cui un individuo sano non è vulnerabile, e allora si parla di aids. Nel 2023 di aids in Italia sono morte più di cinquecento persone, in gran parte perché la malattia è stata diagnosticata troppo tardi.”. Di fatti morti che si potevano evitare con una efficace prevenzione e una presa in carico precoce, se il tema non fosse così evitato.
Ma non solo mancanza di informazione e stigma circondano ancora il virus HIV, anche la mancanza di strutture sanitarie specialistiche rende difficile la sua prevenzione. Strutture che per legge non sono obbligatorie per le Regioni, che si organizzano in modo autonomo in base alle proprie risorse.
In Italia in alcune Regioni mancano queste strutture e dove sono presenti le persone prese in carico per la Prep sono molte meno di quelle che ne fanno richiesta. Questo non solo per i costi vivi, che comunque sono minori di quelli per la cura, ma anche per la lunghezza del percorso, che richiede più controlli in un anno. Per questo l’aiuto di associazioni del terzo settore, come l’associazione Checkpoint di Milano, nata nel 2018, sono ormai un supporto imprescindibile. Associazioni che, attraverso modalità di azione informali, arrivano laddove le strutture sanitarie non arrivano.
Dati alla mano dimostrano che laddove sono presenti centri per la Prep si assiste ad una riduzione drastica delle nuove infezioni da hiv. L’articolo riflette anche sul fatto che il problema non sono solo i soldi o la mancanza di medici, ma dal fatto che su questo tema c’è ancora troppo moralismo e pregiudizi, che vedono la Prep solo “(…) come un lasciapassare per scopare”. Due fattori questi ultimi che non solo aumentano lo stigma nei confronti delle persone con Hiv, ma che allontanano le persone dai servizi di prevenzione.