BARRIERE E FACILITATORI PER L’HIV IN UN GRUPPO DI TRANSGENDER

Uno studio dell’Ambulatorio di Malattie Infettive di Careggi, realizzato in collaborazione con coop soc CAT di Firenze e MIT di Bologna, descrive le barriere e i facilitatori (culturali, sociali e personali) del test, della diagnosi e del mantenimento nella cura HIV di un gruppo di migranti latinoamericani appartenenti a una popolazione chiave (transgender e sex workers) che vivono nell’area metropolitana fiorentina.
Sono stati inclusi nell’analisi due gruppi: i) i migranti che vivono con l’HIV, che si autodefiniscono donne transgender e sex worker; ii) i migranti che si autodefiniscono donne transgender e sex worker che non conoscono il loro sierostatus HIV.
Gli intervistati che vivono con l’HIV sono stati reclutati nella clinica del MIT durante la visita ambulatoriale programmata. L’Unità Mobile Vivian Love Street ha reclutato gli intervistati con sieropositività sconosciuta.

Sono state intervistate 12 donne transgender migranti lavoratrici del sesso: 8 di origine peruviana e 4 di origine brasiliana [range 29-49 anni]. Tra loro, 3 avevano un sierostatus HIV sconosciuto e 9 erano migranti con HIV in follow-up al MIT. La mediana degli anni di positività all’HIV era di 10; nel 60% dei casi, la diagnosi di HIV è stata fatta nel Paese di origine. Solo 3 dei 12 partecipanti hanno dichiarato di avere un permesso di soggiorno.
Dalle interviste sono state individuate diverse aree tematiche, elencate in due sezioni: i) barriere e ii) facilitatori.

Fra le barriere al test HIV, all’accesso ai trattamenti e alla continuità delle cure, sono emersi lo stigma, la disinformazione, i comportamenti a rischio, le componenti emotive, gli ostacoli linguistici, la mancanza di documenti validi, la mancata conoscenza del diritto alla salute in Italia.

Fra i fattori facilitatori al test HIV, all’accesso ai trattamenti e alla continuità delle cure, sono emersi la conoscenza e la consapevolezza, le opportunità di trattamento in Italia, il supporto informale.

Si riportano di seguito le conclusioni dello studio: “Non sono state riscontrate differenze distinte nelle esperienze riportate dagli intervistati. Le principali barriere sono attribuibili principalmente alla loro identità di migranti e transgender. La conoscenza dell’opinione dei pazienti sulle barriere e sui fattori che potrebbero facilitare l’accesso al sistema di cura dell’HIV è fondamentale per razionalizzare le misure di salute pubblica in modo da rispondere ai bisogni reali dei pazienti.

Sono necessari interventi per abbattere le barriere individuali e strutturali. Sono necessarie strategie preventive e terapeutiche specifiche per le comunità più emarginate e a rischio, per promuovere la diagnosi precoce e l’accesso al trattamento dell’HIV, ottenere risultati migliori in termini di salute e prevenire la diffusione dell’HIV tra le popolazioni chiave. Risorse come la formazione specifica del personale per migliorare le capacità interpersonali ed empatiche e la presentazione formale di figure di fiducia nei contesti sanitari, come i mediatori culturali, rappresentano risorse di sistema da investire per garantire l’equità di accesso.

Filippo Lagi, Claudia Gatteschi, Marta Tilli, Nicoletta Zocco, Angelo Avarello, Sabrina Bellini, Sara Contanessi, Maria Rosa Zigliani, Maria Stagnitta, Lorenzo Mariano, Elena Gazzarri, Laura Belloni, Alessandra Daphne Fisher, Alessandro Bartoloni, Gaetana Sterrantino & Francesca Ierardi (2023): Facilitators and barriers in HIV testing and continuum of care among migrant transgender women who are sex workers residing in Florence, Italy, International Journal of Transgender Health, DOI: 10.1080/26895269.2023.2209072