DIPENDENZE DA SOSTANZE LEGALI: L’EREDITA’ DELLA PANDEMIA

servizi di cura per le dipendenze in ritardo sulle nuove tendenze: servono strategie di prevenzione, intervento e cura adeguate ai consumi

Dopo la "pausa" della pandemia, si palesano criticità per affrontare i cambiamenti nei modelli di consumo e di dipendenza da sostanze legali e illegali

data di pubblicazione:

17 Settembre 2023

Di fronte ai cambiamenti nei modelli di consumo e di dipendenza da sostanze legali e illegali, che si sta palesando dopo la pandemia, manca un disegno organico di intervento. Questo il senso degli interventi di Riccardo Gatti, medico, specialista in psichiatria, e Mauro Cibin, già direttore del Serd di Dolo-Mirano, psichiatra, in un’intervista ad Avvenire.  

«In buona sostanza, dopo la “pausa” del Covid, un periodo in cui l’azzeramento forzato delle relazioni sociali ha portato a una leggera flessione nei consumi di sostanze illecite, siamo tornati al punto di partenza. Ciò che forse – rileva – nell’economia della Relazione poteva essere analizzato meglio, visto che racconta di una dinamica dei consumi legata più a come è strutturata la vita delle persone nei momenti di relazione». Molto preoccupanti invece, secondo l’esperto, i dati relativi all’abuso di alcolici e di psicofarmaci, col 78% dei ragazzi che bevono (e uno su due, tra i 18 e i 24 anni, che si ubriaca) e l’11% che assume medicinali: «Qui parliamo di sostanze lecite, ed è evidente anche in questo caso come le strategie di intervento debbano immaginare altre strade». Secondo Gatti manca una visione: «Quando parliamo di droga nel nostro Paese continuiamo ad essere focalizzati sul binomio spaccio-consumo, come se il problema fosse solo di ordine pubblico. Oppure, peggio ancora, ci fossilizziamo nel dibattito sulla legalizzazione o meno della cannabis, che è solo una delle tante sostanze e con evidenza uno dei tanti, enormi problemi da risolvere ». E mentre la politica si incarta, ecco il mercato galoppare, con le organizzazioni criminali libere di mettere in campo le loro strategie sempre nuove, «affinate attraverso gli algoritmi e la rete, che oggi addensa gruppi sociali e li muove verso tendenze di consumo ben pianificate».

Di interventi a cose fatte, quando cioè la droga ha già scavato un abisso nella vita dei ragazzi, si occupa invece Mauro Cibin, già direttore del Serd di Dolo-Mirano, psichiatra, coordinatore scientifico del Centro Soranzo, una comunità terapeutica a pochi chilometri da Venezia: «La situazione fotografata dalla Relazione è l’esito di un mix terribile tra una situazione di vuoto esistenziale ed educativo e un mercato sempre più diffuso e a basso costo di sostanze. In mezzo, l’abbassamento della guardia, il fatto che per i ragazzi drogarsi e bere siano cose del tutto normali». È quello che raccontano, quando decidono di intraprendere un percorso di cura, ed è anche il primo ostacolo a livello terapeutico per un sistema strutturato su interventi di tipo medico per lo più: «I ragazzi sempre più spesso, e tanto più sono giovani tanto più il problema si acuisce, non hanno bisogno solo di una cura e solo per un problema. L’abuso di sostanze di mescola al disturbo psichiatrico, a quello dell’alimentazione, al disagio sociale, al malessere, all’incapacità di dare un senso alla propria esistenza.»

Risultato, ai percorsi di cura si rinuncia, «come evidenzia l’abisso documentato dai numeri della stessa Relazione, che a fronte di milioni di consumatori parla di poco più di 127mila persone entrate nel circuito dei servizi, la maggior parte dei quali eroinomani». Quando l’eroina è la sostanza meno consumata tra i ragazzi. È evidente allora «che c’è qualcosa che non funziona – continua Cibin –, i dati lo mettono sotto gli occhi di tutti, eppure sembra non accorgersene nessuno». Il virus delle dipendenze non solo resta senza vaccino, ma anche senza cure.

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