COME FARE PREVENZIONE NELLE SCUOLE: UNA RIFLESSIONE DI LEOPOLDO GROSSO

Leopoldo Grosso riflette criticamente sulla prevenzione in ambito scolastico

data di pubblicazione:

7 Luglio 2023

Leopoldo Grosso, psicologo e presidente onorario del Gruppo Abele, interviene sul sito di Fuoriluogo per esporre una riflessione critica sulle modalità di fare prevenzione all’uso di sostanze nei contesti scolastici. Ciò che Grosso mette in discussione è che l’aumento di controlli antidroga condotti dalla polizia all’interno delle scuole possa veicolare messaggi controproducenti e paradossali a livello pedagogico. In particolare, se  “l’obiettivo sbandierato è di stroncare il consumo di droghe in base al presupposto che “l’educazione non basta; serve anche la divisa”, si rischia di togliere incisività, affidabilità e autorità alle altre figure che dovrebbero essere responsabili della salute e del benessere dei giovani. Scrive Grosso: “La scuola non ha bisogno delle azioni di deterrenza nelle aule della didattica, che ottengono in genere solo effetti boomerang: spaventano la stragrande maggioranza degli studenti, alimentando una cultura di diffidenza e ostilità verso chi deve proteggere i cittadini; inducono nei ragazzi comportamenti di mimetizzazione e di chiusura difensiva, ostacolando il lavoro educativo; stigmatizzano l’eventuale possessore, con esiti spesso deleteri per lo stesso percorso scolastico.

La scuola è in grado di impedire il consumo al suo interno, molte buone esperienze lo testimoniano. Per farlo è indispensabile la motivazione: che gli insegnanti vogliano effettivamente “vedere” il problema e affrontarlo. Più facile e comodo, e più illusorio, delegare il problema alle forze dell’ordine, esito che fatalmente avviene dopo che non si è voluto o non si è stati capaci di affrontare la questione all’interno. È il momento in cui la situazione scappa di mano, passando, repentinamente, dalla mancata prevenzione alla demonizzazione della problematica e, peggio, dei suoi presunti colpevoli. Alcuni insegnanti, tra quelli che ritengano che la relazione e l’educare siano parte irrinunciabili dell’insegnamento, provano ad opporsi e dissentire. La “novità” degli ultimi tempi è che il dissenso viene punito, con denunce all’autorità giudiziaria e censure amministrative con ripercussioni di carriera. Penalizzati sono soprattutto i docenti precari. Non tutti i Capi d’Istituto sanno difendere la libertà di opinione e di insegnamento dei loro professori, o rifiutare i controlli di polizia, come ha fatto Il Preside dell’Istituto Marco Polo di Firenze: “Non sopporto l’idea che un cane punti un ragazzo, mi ricorda brutte cose del passato… preferisco puntare su psicologi, educatori, tutors”.

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