USO DI PSICHEDELICI NEL FINE VITA IN ITALIA

CONTRADDIZIONI E ALCUNI PROBLEMI APERTI

alcune riflessioni sul tema dell'uso di sostanze psichedeliche nelle cure per alleviare il dolore, in particolare nelle terapie usate nel fine vita

data di pubblicazione:

5 Giugno 2023

In un articolo pubblicato sul sito di Aduc, l’avvocatessa Claudia Moretti espone alcune riflessioni sul tema dell’uso di sostanze psichedeliche nelle cure per alleviare il dolore, in particolare nelle terapie usate nel fine vita. Date le interessanti esperienze e novità normative in alcuni paesi rispetto all’uso di psichedelici, anche in Italia comincia a porsi la questione del loro utilizzo terapeutico, che sarebbe forse possibile ai sensi dell’attuale normativa antidroga (legge 309/90), secondo Moretti. Vi sono tre questioni collegate, che aprono degli spiragli di tipo legale all’uso di psichedelici nelle terapie nel fine vita. La prima è relativa al diritto di scegliere sul proprio fine vita, anche ai sensi della normativa sulle cure palliative (L.219/2027), che prevede cure attive che non mirino, in via diretta, a sconfiggere l’incurabile malattia, ma che affianchino il malato e la sua famiglia con interventi psicologici, farmacologici, di sostegno e rete sociosanitaria, di assistenza integrata e multidisciplinare. La seconda questione è la terapia del dolore, così come formulata nella  legge 309/90 sugli stupefacenti, che all’allegato 3 e 3 bis alla tabella, autorizza  l’accesso a medicinali previsti per la terapia del dolore, medicinali contenenti principi attivi altrimenti proibiti. La terza questione è “il diritto a sperare in una terapia non ancora approvata, mediante l’utilizzo delle strette maglie delle cure compassionevoli. Ed è qui le terapie psichedeliche possono trovare fin d’ora spazio, in attesa che il resto del mondo ci fornisca farmaci psichedelici validati e commercializzati.
E’ l’alleanza terapeutica medico e paziente, ne porti avanti buone e fondate ragioni terapeutiche, di fronte ai Comitati Etici, all’Aifa e nei contesti e tavoli medico-scientifici Ministeriali e non. Le cure compassionevoli trovano la loro fonte giuridica nelle normative europee e nelle applicazioni italiane (Reg. UE 726/2004 e DM 7 settembre 2017) e prevedono l’iniziativa di medici e pazienti convinti di poter trarre beneficio dall’uso di prodotti per quella specifica patologia, non ancora, appunto, farmacologicamente approvata.”

 

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