AUMENTA IL CONSUMO DI ALCOLICI E PROIBIRE NON BASTA

Vanno trovate strategie alternative per un problema anche di tipo culturale

i dati inglesi dicono che negli ultimi 15 anni i casi di dipendenza da alcol sono aumentati del 200% soprattutto tra gli over 55.

data di pubblicazione:

26 Marzo 2023

Circa 8,7 milioni di persone in Italia hanno un consumo di alcol per frequenza e quantità eccessivo, soprattutto nella fascia di età tra i 18 e 34 anni, con le giovani donne che da alcuni anni registrano livelli di crescita continua rispetto ai loro coetanei maschi. Un consumo che tende a spostarsi sempre di più dal cosiddetto modello mediterraneo verso il modello nordico del bere, il bing drinking, e di cui si tendono a sottovalutare i rischi per la salute. E’ quanto si può leggere in un articolo sul sito di The vision.

Da uno studio svolto dall’Università di Sheffield, fatto nello Yorkshire, se il consumo di alcolici tra la popolazione continuerà come durante il lockdown, dove si è registrato il livello più alto dal 2001, è stato calcolato che potrebbero esserci circa 25.000 morti in più della norma nei prossimi 20 anni, a causa degli aumentati consumi.
Non solo decessi, ma anche le spese sanitarie per ricoveri ospedalieri saliranno ulteriormente. Di fatto da marzo 2020 chi collegava il bere alla socialità ha reagito diminuendo i consumi, mentre chi già beveva con disinvoltura o aveva qualche problema ha aumentato occasioni e quantità.
Un dato in particolare è emerso e riguarda le mamme di bambini tra i 2 e 12 anni: durante il lockdown molte hanno preso l’abitudine di consumare vino in casa per via delle restrizioni, un’abitudine che però é rimasta anche quando queste sono state tolte, diventando, in alcuni casi, qualcosa di diverso da una semplice abitudine.
I problemi legati alla salute causati dall’alcol, compresi i decessi, secondo un’altra ricerca, saranno visibili nei prossimi anni, soprattutto tra la popolazione inglese compresa tra i 25 e 44 anni, e che si stimano intorno ad un + 22%.
Ma anche se il consumo in età precoce rappresenta un rischio importante i dati inglesi dicono che negli ultimi 15 anni i casi di dipendenza da alcol sono aumentati del 200% soprattutto tra gli over 55.
Tutto questo non può non rappresentare un segnale di attenzione anche per il nostro paese, che sempre di più sta cambiando modello di consumo, orientandosi verso quello nordico. Anche i consumi moderati di alcol, collegati al modello mediterraneo, sono continuo oggetto di studi proprio per il fatto che possono causare comunque dei danni.
Per fronteggiare questa situazione la sezione europea dell’OMS ha adottato un documento, l’European framework for action on alcohol 2022–2025, che ha l’obiettivo di diminuire il consumo di alcol pro-capite del 10% entro il 2025 utilizzando diversi strumenti, tra cui l’aumento dei prezzi per gli alcolici.
Ma questo non sembra aver dato i risultati sperati come dimostra il caso della Scozia “(…) dove l’imposizione di un prezzo minimo sugli alcolici non ha incoraggiato i bevitori problematici a ridurre i consumi, ma ha spinto molti a tagliare le spese per cibo o riscaldamento pur di continuare a bere.”
Il problema dei consumi elevati e problematici non si può contrastare solo con delle leggi restrittive, che sono comunque necessarie, ma anche con una azione più ampia a livello culturale e sociale. “L’abuso di alcol non è sintomo di una morale decadente, ma di un disagio, che il proibizionismo non può certo risolvere con un colpo di bacchetta magica: possono sì servire le tassazioni e le campagne di sensibilizzazione – un  po’ come nei confronti del tabacco – ma servono anche interventi sociali di sostegno. Sono poi fondamentali le cure mediche, l’assistenza psicologica e il supporto della comunità. Un esempio virtuoso di come funzioni questo meccanismo è fornito dal successo della strategia islandese di lotta alla tossicodipendenza e all’alcolismo giovanile, non fatta di divieti ma di spazi di aggregazione a misura dei ragazzi e passioni da coltivare, dalla musica alla danza. L’alcol, in fin dei conti, è solo una sostanza come un’altra che può dare dipendenza. Parlarne sarebbe un primo passo per risolvere i problemi che comporta il suo uso e abuso; il divieto, al contrario, rischia di creare un’aura di silenzio attorno al tema e, quindi, trasformarlo in un tabù, cosa che non aiuta certo. Per questo potrebbe essere efficace, a fianco di altre strategie, puntare anche su una cultura del bere moderatamente e in associazione alla socialità, per lo più al pasto, con la consapevolezza che si tratta comunque di una sostanza nociva; questa modalità di consumo, tipicamente italiana, si sta però perdendo anche qui, in favore di quella nordica di ricerca dello stordimento.”

 

 

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