La pandemia COVID-19 e le misure restrittive per il contenimento dell’infezione (lockdown, chiusura delle scuole, distanziamento sociale – rinominato successivamente dalla WHO come “distanziamento fisico”) hanno rivoluzionato la vita dei bambini e adolescenti, e ancora per qualche tempo continuerà a essere necessaria una distorsione/modifica di abitudini, ritmi, assetti di vita. L’assenza di attività scolastiche, ricreative, ludiche e sportive ha costretto alla permanenza forzata in casa di migliaia di ragazzi e ragazze, con ripercussioni ancora difficilmente quantificabili.
Uno studio cinese (Xinyan Xie et al, 2020) ha rilevato l’aumento rispettivamente di sintomi depressivi nel 22% e di sintomi ansiosi nel 18.9% dei partecipanti, studenti di scuola primaria e secondaria, a seguito dell’interruzione della frequenza scolastica, delle attività all’aperto e delle occasioni di contatto sociale coi coetanei, evidenziando la “potenza traumatica” di una emergenza sanitaria.A ciò si è aggiunta la riduzione di attività ambulatoriali e consulenziali dedicate ai minori con malattie croniche o con malattie acute non-COVID-19.
Riportiamo di seguito una sintesi tratta dal Centro Regionale per la Promozione alla Salute – DoRS che include studi e ricerche a livello nazionale e internazionale nella quale, a partire dai risultati di ricerche svolte durante precedenti situazioni di crisi/emergenza sanitaria e di recenti indagini, viene tracciato uno scenario volto a individuare strategie efficaci alla promozione della salute mentale dei bambini e degli adolescenti.
Una survey nazionale effettuata da marzo 2000 negli Stati Uniti (Stephen W. Patrick et al. 2020) ha indagato l’impatto della pandemia sul benessere familiare, evidenziando che il 27% dei genitori dichiarava un peggioramento delle proprie condizioni di salute mentale dovute all’aumento dell’ “insicurezza” riguardante i beni primari quali cibo e alloggio, al mancato/insufficiente funzionamento dei servizi di assistenza e cura infantile, all’insostenibilità delle assicurazioni sanitarie; il 14% dei genitori dichiarava inoltre un aggravamento di problemi comportamentali dei figli; l’aggravarsi dei problemi mentali dei genitori coincideva con l’aumento dei problemi comportamentali dei figli in circa 1 famiglia su 10.
Un recente report (RAISING CANADA 2020), realizzato da una ONG, dal dipartimento di sanità pubblica dell’università di Calgary e dall’istituto di ricerca dell’ospedale pediatrico di Alberta, raccoglie e sistematizza i risultati di varie survey canadesi degli ultimi due anni: il 57% dei giovani di età compresa tra 15 e 17 anni ha valutato la propria salute mentale come “leggermente peggiore” o “molto peggiore” rispetto al periodo precedente il distanziamento sociale, mentre i giovani tra 17-24 anni valutano la loro salute mentale come “eccellente” o “molto buona” nella misura del 20% in meno rispetto al 2018; il 70% dei ragazzi di 10-17 anni riferiscono di sentirsi “soprattutto e intensamente” annoiati e soli. Il report indaga anche le ripercussioni educative, assistenziali, sociali ed economiche sui bambini e i ragazzi del peggioramento delle condizioni lavorative e abitative familiari, che vanno nella prevedibile direzione di rinforzare le disuguaglianze.
In Scozia, una survey nazionale – i cui risultati sono stati presentati in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale (2020) – ha rilevato che il 32% dei genitori coinvolti definiva la salute mentale dei propri figli come “la peggiore in assoluto” in confronto al passato; il 55% segnalava un peggioramento nei figli del livello educativo e motivazionale verso lo studio; e il 37% dichiarava un aumento di segnali di sofferenza psichica a causa delle elevata pressione e responsabilità rispetto alla gestione dei figli Uno studio longitudinale inglese pubblicato su The Lancet ha confrontato lo stato di salute mentale della popolazione prima e durante il I lockdown, rilevando un aumento clinicamente significativo dei livelli di stress, soprattutto nella fascia 16 – 24 anni: dal 24,5% all’anno prima del COVID-19 al 37% nel mese di aprile del 2020. Tali risultati sono avvalorati da una revisione realizzata dal dipartimento di psicologia clinica dell’Università di Bath in Gran Bretagna (2020), che ha prodotto delle conclusioni piuttosto allarmanti sugli effetti dell’isolamento causato dal coronavirus per bambini e adolescenti, evidenziando una forte associazione tra solitudine e depressione nei giovani, sia nell’immediato sia sul lungo termine: sono stati presi in esame studi riguardanti bambini, adolescenti e giovani adulti di età compresa tra 4 e 21 anni, soprattutto i giovanissimi presentavano una probabilità tre volte maggiore di ammalarsi, in futuro, di depressione – effetto che, secondo gli studiosi, potrebbe concretizzarsi fino a 9 anni più tardi.
I risultati analizzati sono in linea con studi effettuati in occasione di pregresse epidemie. Alcuni autori (Sprang, Silman, 2013) hanno effettuato un’indagine durante l’epidemia di SARS del 2013 negli Stati Uniti d’America, dimostrando che le limitazioni imposte dalla quarantena e il distanziamento sociale erano fattori di rischio di sviluppo di un PTSD-disturbo post traumatico da stress nei bambini: durante l’epidemia il 30% dei bambini sottoposti a isolamento avevano evidenti sintomi attribuibili al PTSD (aumento dei pensieri e sentimenti negativi, aumento dei problemi di sonno o di concentrazione, sensazione costante di allerta e insicurezza) rispetto all’1% dei coetanei non sottoposti a tale misura.