Roberto Gatti, medico psichiatra e responsabile del Dipartimento Dipendenze Patologiche della ASL città di Milano,in un lungo articolo sul proprio blog, interviene a 360 gradi sul dibattito attuale attorno alla questione delle politiche antidroga. Sono varie le tematiche sollevate o approfondite dall’intervento: i nodi del dibattito sulla legalizzazione della cannabis negli USA e in Italia, i cambiamenti sull’offerta e sul consumo di droghe provocati dal Covid-19, gli effetti della nomina di Dadone per le Politiche Antidroga, le specificità italiane della discussione sulle sostanze, la riorganizzazione dei servizi. Limitandosi qui a riportare i temi più generali dell’articolo, è interessante la lettura offerta sul dibattito negli USA. Premesso che è piuttosto oggettivo il cambiamento culturale in atto sulla cannabis, provato dai sondaggi d’opinione sulla popolazione e dalle nuove leggi pro-cannabis terapeutica e a uso ludico approvate in molti stati, Gatti ne sottolinea un paradosso. In un momento storico in cui le morti per overdose da oppiacei è ai massimi storici negli USA, l’opinione pubblica non chiede una ripresa della guerra alle droghe, ma un allentamento delle norme sulla cannabis, anche per ragioni fiscali e commerciali. Ma ciò non sembra esente né dai rischi, sulla salute pubblica, che i mercati delle sostanze legali (vedi alcol e tabacco) evidenziano, né dalle spinte perverse che una legalizzazione del mercato della cannabis provocherebbe sui consumi, dovendosi muovere tali mercati in un’ottica di continuo aumento dei profitti.
“Particolare la coincidenza tra l’aumento delle overdosi mortali e l’aumento dei consensi alla legalizzazione della cannabis, che sembrano aumentare a partire dal 2000. In passato, l’incremento delle overdosi sarebbe stato un buon motivo per allargare il fronte del consenso alla guerra a tutte le droghe illecite. Oggi, il cittadino USA, invece, distingue tra sostanze diverse, oppure, incomincia a pensare che comunque sia più controllabile un mercato legale, di uno illegale e, gradualmente, si sta orientando verso il medesimo percorso già fatto con la caduta del proibizionismo sugli alcolici. Anche qui, tutto è coerente se non fosse che i decessi collegati all’uso di alcol, sostanza legale e regolamentata negli USA, stanno comunque progressivamente aumentando[2], particolarmente in alcuni gruppi sociali. Evidentemente anche l’effetto dei mercati legali non è poi così controllabile. Il percorso verso la legalizzazione della cannabis negli USA è, dunque, un atteggiamento pragmatico, mosso dall’esperienza, e finalizzato alla tutela della salute? Dipende. Abbiamo appena visto per gli oppiacei che, quando in gioco ci sono interessi economici ingenti, anche chi dovrebbe occuparsi della salute dei cittadini, tende a mettere in primo piano il profitto ed è in grado di condizionare anche produzione scientifica ed opinioni, non solo dei cittadini stessi, ma anche della classe medica. In pratica, con gli opportuni investimenti, è possibile agire in modo da incrementare le vendite ed il consenso attorno ad una classe di prodotti, aumentandone i significati positivi dell’utilizzo e minimizzando quelli negativi.
Dietro il business della cannabis legale ci sono investimenti ed interessi importanti, che spingono a ritentare il successo economico avuto nel secolo scorso dal tabacco. Infatti l’immagine della cannabis è stata gradualmente trasformata, collegandola ad una visione ecologica e salutistica positiva. Nulla di nuovo, questo è già stato fatto con gli alcolici e, in passato, anche con il tabacco, laddove il concetto di ansiolitico, “contro il logorio della vita moderna”, o il contenuto di componenti potenzialmente salutari, per il vino, ad esempio, è stato molto amplificato. Proprio la possibilità di trasformare la cannabis (anche) in un farmaco, è stata la chiave di volta su cui reggere la riabilitazione culturale del suo consumo ed oggi ha permesso anche di valutare meglio le effettive possibilità terapeutiche dei cannabinoidi che, sebbene non così ampie, come un certo tipo di marketing sembra rappresentare, probabilmente possono essere utilizzate per alcune forme patologiche specifiche.”