Un articolo pubblicato sul sito The Vision, riportando anche interessanti testimonianze di referenti e operatori impegnati nella cura delle dipendenze, fa il punto su come l’isolamento sociale dovuto al Covid-19 stia impattando sulla qualità della vita dei consumatori di sostanze psicoattive e soprattutto sulla sua parte più vulnerabile e dipendente. Fra i motivi di allarme, l’abbassamento della qualità delle sostanze nelle poche piazze di spaccio ancora attive e la parziale sostituzione degli oppiacei, la cui reperibilità è difficile, con psicofarmaci e alcol. “Le misure restrittive prese per combattere l’epidemia di COVID-19 hanno portato le strade a svuotarsi. Dalle strade però non sono spariti soltanto coloro che passeggiavano o andavano a lavoro: è diminuita anche l’attività di spaccio, facendo calare sensibilmente la quantità di droghe presenti sul mercato. “Le sostanze sono rare e i prezzi altissimi”, afferma il sociologo Claudio Cippitelli, intervistato dall’Associazione Luca Coscioni. “Viene inoltre a mancare il rapporto con lo spacciatore di fiducia, bisogna accontentarsi”. I clienti devono quindi prendere ciò che trovano, rischiando di avere a che fare con sostanze tagliate male e ben più nocive. In parte aggirato nel Meridione, dove l’epidemia è meno potente. Il fenomeno ha i suoi effetti soprattutto al Nord: per i venditori illegali nascondersi è ora impossibile, soprattutto tra piazze e parchi vuoti dei piccoli centri.
Alla bassa offerta si somma la mancanza di entrate. La situazione finanziaria di chi vive in strada è caratterizzata normalmente da una forte precarietà: non solo lavori in nero o occasionali, ma anche l’esistenza di una vera e propria economia informale fatta di elemosina e condivisione, prostituzione e piccoli furti. Logico quindi che questa categoria sia la prima a risentire dei cambiamenti dettati dal virus: le occasioni si fanno sempre più rare a causa della mancanza di gente, la piccola criminalità vede azzerarsi il proprio margine d’azione considerato il presidio delle forze dell’ordine. Alla consueta dipendenza si somma quindi una preoccupazione per la sopravvivenza, che trova effimera soluzione in un rifugio ancora maggiore in un mondo diverso, alterato“.
Credere che bastasse la quarantena a fermare la vendita di droghe però non sarebbe realistico. Don Mario Vatta, fondatore di Comunità San Martino al Campo di Trieste, da decenni si occupa di chi fa uso di stupefacenti e mette in guardia dalle conclusioni affrettate. “I canali per rifornire il mercato si sono sempre trovati”, spiega mostrandosi scettico anche verso chi ritiene che a non trovare sostanze possano essere, per lo meno, le fasce più deboli. “La separazione è tutt’altro che netta e spesso è chi vive in strada a vendere ai consumatori più altolocati”. Anche Lorenzo Frigerio, giornalista specializzato nel tema della mafia, dubita che il mercato illegale sia in difficoltà: “La criminalità organizzata si è senz’altro mossa per tempo, approfittando della corsa all’approvvigionamento nei giorni precedenti al blocco. Non dobbiamo dimenticare la forte capacità dei clan di sfruttare le emergenze”. Le cosche starebbero piuttosto scaricando sulle piazze di spaccio sostanze di infima qualità, solitamente invendibili, con l’obiettivo di prendere il controllo in questa fase di transizione e non lasciarlo una volta finita l’emergenza. Per loro, infatti, il traffico di droga rappresenta ancora la prima voce di guadagno.
Se rifornirsi non è quindi impossibile, risulta di certo più difficile e costoso: don Mario accende l’allarme per quanto riguarda allora il consumo di alcol e farmaci. Si tratta di sostanze facilmente reperibili, tra supermercati e farmacie, che vanno a sostituire, almeno in parte, la carenza di stupefacenti. Gli psicofarmaci, in particolare, sono caratterizzati da un effetto sedativo che può renderli una degna alternativa agli oppiacei. “Le persone sono costrette ad autogestirsi,” spiega Mauro Falchetti, operatore dell’Unità di Strada della cooperativa Parsec a Roma, spiegando quanto sarebbe importante una somministrazione regolare, “ma in molti non ne sono in grado: chi cede all’impulso di consumare tutto subito rischia prima l’overdose, poi l’astinenza”. Intanto Falchetti fa notare come dalla strada non sia sparito chi non ha dove andare: senzatetto, tossicodipendenti e altri ancora, che lui ogni sera cerca di assistere insieme alla sua squadra, scambiando due parole e fornendo siringhe e materiale sterile per la riduzione del danno. Si tratta di persone che spesso non sono nemmeno coscienti di cosa stia succedendo, per la mancanza di informazioni e a volte le difficoltà di comprendere l’italiano. Ecco perché risulta così importante la distribuzione di volantini in varie lingue, contenenti semplici indicazioni. Si tratta infatti, soprattutto, di persone vulnerabili, immunodepresse, che se ignorate potrebbero diventare vettori di contagio”.