Rapporto UNAIDS, Communities at the center. Defending rights. Breaking barriers. reaching people with HIV services, June 2019

data di pubblicazione:

1 Dicembre 2019

Persone con Hiv nel mondo e nuove infezioni

I dati forniti da UNAIDS ci dicono che, nel 2018, le persone con HIV nel mondo sono quasi trentotto milioni. Le nuove infezioni sono state 1,7 milioni con una diminuzione del 16% dal 2010, grazie soprattutto ai progressi costanti dell’Africa centrale e meridionale. In testa il Sudafrica che, dal 2010, ha ridotto sia le nuove infezioni sia i decessi per AIDS del 40%. Ovviamente per l’Africa centrale e meridionale c’è ancora molto da fare ma intanto sale l’allarme per la situazione in Europa orientale e in Asia centrale,dove le infezioni sono aumentate del 29%; Più 10% di infezioni anche in Medioriente e in Nord Africa, più 7% per l’America Latina.

Decessi correlati all’AIDS
Con l’espandersi dell’accesso alle terapie e dei servizi per l’HIV e la Tubercolosi, le morti per AIDS continuano a diminuire. Dal 2010 il calo è stato del 33% con 770.000 decessi nel 2018. Si tratta, tuttavia, di un calo troppo lento, che mette a rischio il target ONU di ridurre il numero di persone decedute per malattie AIDS- correlate sotto le 500.000 entro il 2020.Anche su questo aspetto i maggiori progressi si registrano nell’Africa orientale e meridionale mentre, dal 2010, in Europa orientale e nell’Asia centrale i decessi per AIDS sono aumentati del 5%, in Medio Oriente e Nord Africa del 9%.

Le popolazioni-chiave
Il rapporto mostra come il 54% delle nuove infezioni, oltre la metà, sia rappresentano da persone che appartengono a popolazioni chiave e ai/alle loro partner sessuali.Ben più alte le percentuali in Europa orientale, Asia centrale, Medioriente, Africa del nord e dell’est dove, nel 2018, oltre il 95% delle nuove infezioni ha interessato popolazioni-chiave come consumatori di droghe, uomini che fanno sesso con altri uomini (MSM), transgender, detenuti/e, sex workers. Nonostante ciò, in oltre la metà dei paesi segnalati, meno del 50% di queste popolazioni chiave è stato raggiunto da servizi o interventi di prevenzione combinati. “Ciò evidenzia –denuncia UNAIDS- che le popolazioni chiave sono ancora marginalizzate e lasciate indietro nella risposta all’HIV”.

Stigma e discriminazione
Sono stati fatti molti progressi contro lo stigma e la discriminazione legati all’HIV in molti paesi, ma gli atteggiamenti discriminatori verso le persone che vivono con l’HIV rimangono estremamente alti. “Esiste l’urgenza di affrontare i fattori strutturali alla base delle disuguaglianze e degli ostacoli alla prevenzione e al trattamento dell’HIV, in particolare per quanto riguarda le norme e le norme sociali dannose, lo stigma e la discriminazione e la violenza di genere”.

Le leggi penali, l’applicazione della legge aggressiva, le molestie e la violenza “continuano a spingere le popolazioni chiave ai margini della società e negano loro l’accesso ai servizi sanitari e sociali di base. Gli atteggiamenti discriminatori nei confronti delle persone che vivono con l’HIV rimangono estremamente elevati in troppi paesi. In 26 paesi, più della metà degli intervistati ha espresso atteggiamenti discriminatori nei confronti delle persone affette da HIV”.

Le risorse 
Un altro risvolto preoccupante segnalato da UNAIDS, riguarda, come si diceva, il divario crescente tra il bisogno di risorse e la disponibilità delle stesse.
Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia gli stanziamenti globali sono diminuiti e il calo rispetto al 2017 è stato di quasi 1 miliardo di dollari. Nel 2018 le risorse stanziate sono scese a 19 miliardi di dollari mentre gli obiettivi UNAIDS ne stimano come necessari almeno 26,2 entro il 2020. All’appello mancano dunque almeno 7,2 miliardi di dollari. Dal programma Onu di lotta all’AIDS giunge per questo un appello a tutti i partner ad aumentare le donazioni al Global Fund di almeno 14 miliardi di dollari, in occasione della conferenza di rifinanziamento del prossimo ottobre e a mantenere, o aumentare, tutti i finanziamenti nazionali e bilaterali per la lotta all’HIV.

90-90-90
I progressi verso il target “90-90-90” proseguono, anche se con un andamento più lento di quanto prefissato. La formula “90-90-90”, lo ricordiamo, prevede che il 90% delle persone con HIV nel mondo venga reso consapevole del proprio stato, che il 90% delle persone che hanno ricevuto una diagnosi abbia accesso alle terapie ART e che, tra queste, il 90% possa raggiungere la soppressione virologica. E’ necessario che questi obiettivi siano realizzati entro il 2020 per essere in linea con l’Agenda Onu sullo sviluppo sostenibile che prevede di sconfiggere l’AIDS entro il 2030.

Nel 2018, segnala UNAIDS, a due anni da questa prima, cruciale, tappa intermedia, la situazione mostrava ulteriori miglioramenti anche se con alcuni aspetti problematici.
Le persone consapevoli del proprio stato sierologico sono salite, globalmente, al 79%, tra queste il 78% aveva avuto, o stava per avere, accesso ai farmaci. Tra le persone in trattamento, infine, l’86% aveva raggiunto uno stato di soppressione virologica. Sul primo e secondo “90” serve, dunque, indubbiamente, uno scatto ulteriore. Molto variabile, inoltre, la situazione da paese a paese. Nell’Europa centrale e in Asia centrale, ad esempio, il 72% delle persone con HIV è venuto a conoscenza del proprio stato e solo il 53% ha avuto accesso ai trattamenti necessari.


IERI E OGGI, TRA PAURA E FORZA

Si fornisce di seguito una traduzione di alcuni dei passaggi più significativi dell’introduzione e del sommario del rapporto.
“Eravamo soliti bruciare i corpi ogni domenica”, ricorda Bagongile luhlongwane, un leader dei servizi sanitari di Eshowe, Sud Africa. Anni dopo, in uno dei luoghi dove l’epidemia di AIDS è stata più devastante, la terapia antiretrovirale ha trasformato una situazione dove una diagnosi di HIV significava morte, in una di vita e speranza.

(…) L’ignoranza e la paura dell’HIV hanno nutrito lo stigma e la discriminazione contro le persone con HIV sin dai primi giorni dell’epidemia. Le disuguaglianze di genere, la violenza contro le donne e le ragazze, e la marginalizzazione di popolazioni chiave per il maggior rischio di infezione da HIV –lavoratrici del sesso, persone che usano droghe per via iniettiva, prigionieri, transgender, omosessuali – preesistono all’epidemia da decenni, se non secoli. Allontanati dalle famiglie, dagli amici e dalle intere comunità, un numero incalcolabile di persone sieropositive o ad alto rischio di infezione sono state abbandonate e lasciate sole, rese incapaci di avere accesso ai servizi che necessitavano.
(….) I progressi continuano contro l’HIV, specie nel test e nelle cure. Quasi quattro persone sieropositive su cinque su scala globale conoscevano il loro status nel 2018, quasi due terzi di tutte le persone con HIV ricevevano nel 2018 la terapia antiretrovirale salva-vita, e più della metà ha soppresso le cariche virali. Un numero stimato compreso di 23.3 milioni (20.5-24.3 mil.) dei 37.9 milioni (32.7-44.0 mil.) di persone sieropositive su scala globale erano in trattamento, tre volte di più che nel 2010.
L’aumento di cure ha visto le morti per malattie collegate all’AIDS declinare dal picco di 1.7 mil. del 2004 a 770.000 del 2018 (…) Circa 160.000 bambini (0-14 anni) hanno contratto l’HIV su scala globale nel 2018, contro i 280.000 del 2010, una riduzione del 41%. (…) L’uso del profilattico è aumentato in molte delle regioni sub-sahariane negli ultimi decenni, e i paesi stanno gradualmente adottando la profilassi pre-esposizione (PrEP) come opzione addizionale di prevenzione all’HIV.
I dati globali nascondono una varietà di tendenze regionali e nazionali. Ci sono stati impressionanti miglioramenti nell’Africa del sud e orientale, dove si concentra il 54% delle persone sieropositive nel mondo. La mortalità collegata all’AIDS nella regione è diminuita del 44% dal 2010 al 2018, e le nuove infezioni HIV annuali sono diminuite, nello stesso periodo, del 28%. Le morti collegate all’AIDS nell’Europa dell’Est, in Asia, nel Medio Oriente e nelle regioni del Nord Africa sono aumentate rispettivamente del 5% e del 9% negli ultimi otto anni, e il numero annuale di nuove infezioni di HIV è aumentato in tre regioni: Europa dell’Est e Asia centrale (29%), Medio Oriente e Nord Africa (10%), e America Latina (7%)”.

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