435mila morti in dieci anni per patologie alcol-correlate, incidenti, omicidi e suicidi. L’alcol è la sostanza psicotropa che miete più vittime in termini di dipendenza, rispetto a fumo, droghe sintetiche e cocaina.
Sono alcuni dei dati che emergono da un articolato e complesso Rapporto di ricerca: “Indagine sull’Alcolismo in Italia. Tre percorsi di ricerca”. La più importante ricerca mai realizzata sul fenomeno dell’alcolismo in Italia, nata nell’ambito delle attività previste dall’Osservatorio permanente Eurispes/Enpam su “Salute, Previdenza e Legalità”, l’indagine ha coinvolto giovani studenti, adolescenti, cittadini e medici.
Tra i dati che emergono da questa indagine salta all’occhio quello relativo al numero di vittime di dipendenza da alcol che vengono riconosciute nelle varie strutture sanitarie presenti sul territorio.
Nella pratica ambulatoriale è frequente, e lo è sempre di più, venire in contatto con pazienti che ricorrono al medico di famiglia per essere consigliati di fronte a comportamenti che gli stessi pazienti o i loro familiari riconoscono come poco salutari, potenzialmente pericolosi, se non addirittura criminogeni. La medicina del territorio e la sua attività a largo spettro possono e devono rispondere efficacemente al fabbisogno sociale di figure dotate di competenze di alto livello.
Tali figure rispondono efficacemente alla domanda: «Chi può parlare di cosa?». Considerando i dati di questa rilevazione, della quale l’Enpam, (bisogna ribadire) condivide metodi e scopi, e concentrandoci sulle fasce più giovani della popolazione, ci si rende conto della pericolosità di alcuni fenomeni sociali legati a una cultura dello sballo in via di costante diffusione. Tra questi merita particolare attenzione il fenomeno dell’“abbuffata alcolica” (binge drinking),tipico della popolazione giovanile tra gli 11 e i 17 anni. Allo stesso tempo, appare preoccupante la tendenza legata al primo contatto, sempre più precoce,dei giovani verso l’alcol. Spesso, tali comportamenti vengono alla luce in quel periodo poco definito in cui avviene il passaggio di consegne tra il pediatra e il medico di Medicina generale. L’incidenza di certi comportamenti è sensibilmente influenzata dall’uso massivo delle nuove tecnologie e dai socialnetwork. All’ interno di un costante e permeante status “onlife”, attraverso la condivisione di video e contenuti, nei quali il consumo di alcol in forti dosi assume una connotazione sociale positiva e di promozione relazionale, si rischiala propagazione di dinamiche comparabili alle cosiddette “echo chamber”: ambienti virtuali in cui il giovane vede riflessi e propagati tali comportamenti.
Questi vengono interpretati dai nativi digitali come naturali se non necessari, pena l’estromissione dal proprio “clan”. In questo ambito in cui si configura una reale emergenza sociale, come richiamato dagli intervistati stessi, ma in maniera ancora più forte dagli addetti ai lavori, rivestono un’importanza vitale la prevenzione e l’informazione, viste come strumenti ineludibili verso una presa di consapevolezza della pericolosità di un uso sregolato di bevande alcoliche. Alla luce di quanto detto, il medico di Medicina generale, che presidia società e territorio capillarmente, può e deve assumere il ruolo di playmaker.
Attraverso la sua funzione di monitoraggio e primo contatto, di riconoscimento
del problema, di trattamento di primo livello e di eventuale affidamento verso altri attori in gioco (operatori sanitari, servizi sociali, gruppi di auto-aiuto e istituzioni scolastiche), egli riveste un ruolo centrale a livello socio-sanitario.
Diventa così preziosissima l’attività di ascolto attivo e di instaurazione di un rapporto di fiducia del medico nei confronti del paziente, in questo caso la persona che mostra di avere comportamenti a rischio. La fiducia e la condivisione della scelta di un percorso terapeutico cucito sui bisogni de paziente passano attraverso il riconoscimento delle competenze stratificate della professione medica. Si tratta, pertanto, di rimettere al centro il fattore umano che negli ultimi tempi ha subito un’opacizzazione della sua funzione a vantaggio del concetto di amministrazione degli atti, delle opere, dei servizi e delle prestazioni.
Le parole d’ordine diventano dunque: empatia, comunicazione partecipativa e presa incarico dell’aspetto comunicativo; tutti strumenti in mano ai medici, figure centrali nello scacchiere della prevenzione. Il medico di Medicina generale è quindi la figura autorevole a cui è necessario ricorrere per prevenire, informarsi e prendere doverosa consapevolezza sui comportamenti potenzialmente a rischio e sui problemi legati al consumo non moderato di alcol.
Rapporto di ricerca: “Indagine sull’Alcolismo in Italia. Tre percorsi di ricerca”