SEVERGNINI E CIPPITELLI SUL CASO COCORICO'

data di pubblicazione:

6 Agosto 2015

images.duckduckgo.comIn questi giorni, a seguito del provvedimento di chiusura amministrativo della discoteca Cocoricò disposto dal prefetto di Rimini, vi sono state numerose e contrastenti reazioni e prese di posizione, fra le quali si segnalano quelle di Severgnini e di Cippitelli. Fra i favorevoli alla chiusura, Beppe Severgnini sul Corriere della Sera, argomenta come sia necessaria una nuova cultura del controllo al fine di arginare l’abuso di spaccio e di consumi “drogati”. Per Severgnini prevenzione e campagne di sensibilizzazione non bastano: occorre intensificare la repressione. “I piagnistei dei gestori dei locali notturni li conosciamo bene: noi tentiamo! Noi controlliamo! Noi interveniamo! Cosa possiamo fare se i ragazzini bevono fino a rischiare il coma etilico e s’impasticcano? Se le ragazzine si prostituiscono per una banconota? Se giovanissimi italiani e coetanei immigrati si picchiano come ebeti nei parcheggi, tirandosi calci e bottiglie? Si potrebbe rispondere ai virginali disco-imprenditori: quanti minorenni con la vodka nel bicchiere avete allontanato? Quanti controlli avete condotto, quante pastiglie avete sequestrato? Quante denunce sono partite da voi, utili a identificare gli spacciatori? La verità, come spesso capita, è banale. Le discoteche, come gli stadi di calcio, sono diventati luoghi extraterritoriali. Posti dove sono consentiti comportamenti che, altrove, porterebbero a una denuncia o a un arresto. I luoghi dello sballo sono diventati discariche sociali che fingiamo di non vedere. Papà e mamme preferiscono non sapere. Finché un giorno capiscono — magari dopo una telefonata notturna dei carabinieri — che là dentro ci stanno i propri figli e i propri nipoti. E rischiano di non tornare a casa. Nessuno vuole «criminalizzare l’industria del divertimento», come recita il coro (interessato) dei professionisti del ramo. Ma qualcuno — la maggioranza degli italiani, almeno — vorrebbe evitare che quest’industria ospiti, tolleri e incoraggi comportamenti criminali. L’educazione e la prevenzione, evocate dalla politica in queste ore, non bastano. Davanti all’incoscienza e alla sfacciataggine di certi comportamenti — come quelli raccontati da Fabrizio Roncone giorni fa — c’è solo una strada: la repressione. Parola sgradevole, ma inevitabile. La strategia dello struzzo — testa sotto la sabbia, sperando che passi — nasconde quasi sempre l’ignavia.”

Di opposto parere Claudio Cippitelli, storico rappresentante della coop. Parsec di Roma, fra le realtà italiane più note della riduzione del danno. Per Cippitelli non vi è nessuna emergenza legata all’ecstasy e al consumo di droghe nelle discoteche italiane, dato che il fenomeno è presente da più di vent’anni. Ciò che nel frattempo è peggiorato è da una parte l’offerta dei servizi di prevenzione e di riduzione del danno, e dall’altra il fatto che la normativa italiana non si è adeguata ai cambiamenti dei consumi di sostanze e degli stili di vita giovanili. “No, non siamo di fronte ad un allarme sociale e i luo­ghi dello sballo non sono diven­tati «disca­ri­che sociali che fin­giamo di non vedere», come scrive l’ineffabile Sever­gnini sul Cor­riere del 4 ago­sto. Le auten­ti­che disca­ri­che sociali, sem­mai, sono diven­tati troppi quar­tieri peri­fe­rici da cui pro­ven­gono i ragazzi che affol­lano eventi del ballo not­turno, sia com­mer­ciali sia autorganizzati. Se dav­vero si volesse ragio­nare intorno alla morte di Lam­berto, non con un approc­cio morale ma di sanità pub­blica (quello che spetta a uno stato laico), dovremmo chie­derci: per­ché in Ita­lia non si auto­rizza l’analisi delle sostanze (pill test) nei luo­ghi di con­sumo, come avviene in molti paesi europei? Resta una con­si­de­ra­zione. Nel momento in cui il nostro Paese apre un dibat­tito su una nuova rego­la­zione in merito ai can­na­bi­noidi, anche in seguito ad una pro­po­sta fir­mata da 218 par­la­men­tari che pre­vede la lega­liz­za­zione di tali sostanze, la stampa sem­bra di nuovo inte­res­sarsi al tema. Pec­cato che, prima la vicenda quanto mai fan­ta­siosa della can­na­bis “cor­retta” con il meta­done, l’amnesia (che si sta rive­lando almeno sospetta), poi la tra­gica vicenda del Coco­ricò, invece di con­tri­buire nella società ad una rifles­sione sui con­sumi di sostanze psi­co­trope, sem­brano essere uti­liz­zate, spre­giu­di­ca­ta­mente, per sfor­nare il solito reper­to­rio proi­bi­zio­ni­sta e puni­zio­ni­sta“.

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