VANESSA ROGHI, DIALOGHI SULL’EROINA

La recente pubblicazione del volume Eroina, dieci storie di ieri e di oggi

Quando ho iniziato a scrivere Eroina l’intento che mi sono posta è stato quello di eliminare il mio punto di vista, e di fornire un resoconto storico. Una delle cose che ho scoperto, nell’ambito di questa ricerca, riguarda il ruolo giocato dagli Stati Uniti in merito alle politiche proibizioniste italiane. Una scoperta inattesa, poiché solitamente, quando si fa riferimento a tali questioni, si cita l’Operazione Blue Moon.

data di pubblicazione:

20 Dicembre 2022

La recente pubblicazione del volume Eroina, dieci storie di ieri e di oggi, della storica Vanessa Roghi, per Laterza, è l’occasione per un dialogo sotto forma di intervista con il collettivo di attivisti social #SpiniNelFianco, ospitato nel sito di Fuoriluogo. Sono vari gli spunti di interesse contenuti nella conversazione, a partire dal tentativo di Roghi di offrire una ricostruzione storica delle politiche pubbliche in Italia sul contrasto alle droghe illegali, evidenziando le connessioni fra il ruolo esercitato dagli Stati Uniti a livello globale, le politiche proibizioniste e la normativa italiana.Per la legislazione italiana sulle droghe, viene messa in luce come essa sia da intendersi come un terreno di scontro di tipo antropologico e politico, con l’affermazione di una visione del “drogato” a partire dalla sua stigmatizzazione e dalla categoria di “panico morale” per inquadrare l’emergenza eroina negli anni ’70.

Con Piccola città  (Laterza 2018) il tentativo era stato quello di unire l’esperienza biografica a una ricostruzione più ampia della storia dell’eroina in Italia. Mi sono interrogata sulla metodologia da utilizzare, perché, dopo gli studi degli anni ‘70, come quelli di Giancarlo Arnao o Guido Blumir, il sostrato storiografico cui appoggiarsi non è molto ampio.

Quando ho iniziato a scrivere Eroina l’intento che mi sono posta è stato quello di eliminare il mio punto di vista, e di fornire un resoconto storico. Una delle cose che ho scoperto, nell’ambito di questa ricerca, riguarda il ruolo giocato dagli Stati Uniti in merito alle politiche proibizioniste italiane. Una scoperta inattesa, poiché solitamente, quando si fa riferimento a tali questioni, si cita l’Operazione Blue Moon. Io ho sviluppato un’altra tesi, per cui questa operazione non è di fatto avvenuta, mentre ciò che c’è stato è un forte controllo per orientare le politiche pubbliche italiane già a partire dagli anni ‘20, divenuto poi più pervasivo nel dopoguerra, quando l’Italia diventa un elemento fondamentale all’interno dello scacchiere geopolitico. Il definitivo momento di rottura arriva con la legge del 1975 ma poi torna a manifestarsi negli anni Ottanta.

Nel libro spieghi inoltre come questa operazione abbia messo in luce uno degli aspetti più palesi delle politiche proibizioniste, ovvero il fatto che, storicamente, esse non abbiano mai raggiunto l’obiettivo prefissato.

Sì, in generale questo racconta molto della filosofia del proibizionismo. Dietro all’ideologia c’è una logica di stigmatizzazione e demonizzazione della sostanza e di chi ne fa uso, secondo la convinzione che colpire il consumatore equivalga a colpire tutta la filiera. In questo caso, negli anni ‘50, si fa il possibile affinché sia approvata una legge, che entrerà in vigore nel 1954, fortemente repressiva nei confronti dei consumatori, con obbligo di denuncia e ricovero in manicomio a causa dell’uso di sostanze, le quali vengono infine classificate in una tabella. Parallelamente, a livello mondiale, il fenomeno mafioso si sviluppa in termini nuovi, entrando in relazione con il mercato delle droghe illecite. Per intenderci, quello che avviene con gli Shelby in Peaky blinders (serie Netflix, nda). L’interesse degli Usa era quello di creare un nemico chiaro e identificabile, trovandolo a questo punto nelle organizzazioni criminali. Le quali saranno però abilissime nello sfuggire alle maglie del controllo, stabilendo un sistema mondiale della droga che si inserisce negli schemi della guerra fredda, e che da essa sarà alimentato. Come dimostrato dalla guerra in Vietnam.

Accennavi alla legge del 1954: in Eroina si dedica ampio spazio all’analisi delle varie leggi che, in materia di droghe, si sono succedute in Italia. Legge 1954, Legge 1975, Legge 1990: in che modo esse furono specchio del loro tempo, e che ruolo svolsero nella genesi del senso comune attorno a questo argomento?

Si tratta di leggi che, molto più di altre, riflettono la loro epoca perché cariche di connotati morali che ovviamente cambiano nel tempo. La legge del 1954 è fortemente vincolata alla forma mentis di allora, per la quale il consumo di sostanze veniva considerata anche e soprattutto una questione morale. Ciò è dovuto in particolare ad alcuni eventi di cronaca che ebbero del clamoroso, come il caso Montesi o il processo Migliardi. Il “drogato” viene inquadrato come personalità corrotta e appartenente agli strati sociali più pericolosi, eticamente degradata, da isolare e denunciare in nome della salvaguardia della società. Con la legge del 1975 ci troviamo di fronte a una realtà sociale del tutto cambiata, figlia del disgelo costituzionale e dell’ascesa dei partiti di sinistra. La coscienza riguardo tematiche di salute pubblica è molto forte, tant’è che nel 1978 si assisterà alla nascita del servizio sanitario nazionale. La riforma del ‘75 si inserisce in questo contesto, alla stregua di tutta una serie di leggi volte a rendere l’Italia un Paese più giusto e moderno. Il diritto alla salute viene dunque riconosciuto anche all’”eroinomane”, per usare un gergo di allora, in quanto cittadino di una repubblica democratica di cui lo Stato deve prendersi cura. La legge del 1990 risponde a sua volta a un periodo di feroce reazione allo stato sociale, di cui il testo unico sullo droghe rappresenta forse la punta di diamante.”

Una delle parti che ho trovato più interessanti riguarda la tua analisi in chiave antropologica dello sviluppo del paradigma del “drogato”, all’interno di un percorso che parte da un’iniziale segmentazione dei mercati illeciti per giungere infine ai più moderni fenomeni di policonsumo. Potresti illustrare questa evoluzione?

La questione dello stigma non è mai stata del tutto superata, quindi credo che sia difficile poter parlare di evoluzione, quanto più di differenziazione delle risposte in base al frangente storico. Ad oggi non siamo ancora giunti al momento in cui il consumo di sostanze viene percepito come una possibilità, legittima, per quanto dannosa. La mentalità proibizionista non si lega tanto alla paura del mercato nero quanto a un sentimento di panico morale, che ha come conseguenza quella di marginalizzare le persone che utilizzano sostanze illecite. Lo sdegnato dibattito pubblico seguito alla morte di Foucault a causa dell’AIDS, di cui parlo nel libro, in questo senso è esemplare.”

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