Vanessa Roghi, storica, ha pubblicato per Laterza “Piccola città. Una storia comune di eroina”, di cui l’autrice parla in un’intervista per il quotidiano Il Tirreno. La maggiore particolarità del libro è che l’autrice, ricostruendo un affresco sociologico e storico del consumo di eroina Italia, sceglie come luogo d’osservazione privilegiato una piccola città di provincia, Grosseto, parlando anche del proprio ambiente familiare e amicale. “Letteratura, canzoni, articoli di cronaca, studi sociologici, dibattiti parlamentari: tutto materiale che oggi, a rileggere stupiti il suo “libro si storia”, acuisce il senso dell’avvenuta rimozione collettiva. Come è potuto accadere?
«Non lo so, davvero, è come se a un certo punto il paesaggio umano rappresentato dai tossicodipendenti avesse smesso di essere notato. Sicuramente, come racconta Sam Quinones, l’arrivo dei cellulari ha contribuito a spostare lo spaccio entro confini meno visibili, eppure non basta come spiegazione».
E perché, ora, provare a opporsi all’oblio?
«Io ho evidentemente una ragione personale, una ragione privata alla Fenoglio. Eppure davvero il personale in questo caso è politico, perché riguarda tanti, e come scrivevano i ragazzi di Barbiana in Lettera a una professoressa, uscire dai problemi da soli è l’avarizia uscirne insieme è la politica. Ho voluto scrivere un libro politico per cercare di uscire (culturalmente) tutti insieme dalla rimozione del problema».