GIOVANI E NUOVE DIPENDENZE

data di pubblicazione:

20 Marzo 2018

smartphone 2La Nomofobia è la paura di non avere con sé il cellulare e di non poterlo controllare; la Fomo, cioè la paura di essere tagliati fuori da qualcosa; il Vamping e tutti gli altri fenomeni legati alle web compulsioni che tengono incollate le persone agli strumenti digitali, in particolar modo allo smartphone. Ci sono poi le sindromi multidimensionali, vale a dire quelle che portano ai giochi di ruolo online con assiduità o a crearsi un’identità virtuale.

Ecco il nuovo catalogo delle dipendenze tecnologiche, sempre più diffuse e preoccupanti: secondo un recente sondaggio online condotto dall’Associazione Di.Te. su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni emerge che il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie, controllano in media lo smartphone 75 volte al giorno e il 7% di loro lo fa fino a 110 volte al giorno, ammettendo inoltre di non riuscire a prendere una pausa dal device di almeno 3 ore nel 79% dei casi.

Inoltre, non riescono ad abbandonare il bisogno di guardare lo smartphone, magari per chattare anche durante le ore notturne. Gli adulti non sono così distanti dai giovani, il 49% degli over 35 non sa stare senza cellulare, verifica se sono arrivate notifiche o messaggi almeno 43 volte al giorno, di cui un 6% arriva a sfiorare le 65 volte, e di stare 3 ore senza buttare un occhio sullo schermo non se ne parla per il 58% di loro.

«Quando c’è un’alterazione delle abilità relazionali e sociali bisogna fermarsi e interrogarsi su cosa ci sta succedendo. Rischioso è l’isolamento sociale, quando si arriva all’alienazione fino a diventare Hikikomori, rinchiusi nella propria stanza rifiutando la scuola e ogni contatto che non preveda l’uso mediato del mezzo tecnologico», ha commentato il presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. Giuseppe Lavenia. «I giovani 3.0 sono molto più impulsivi, hanno grande difficoltà a gestire la noia, e sono orientati al tutto e subito. Sono meno creativi, non sentono il bisogno di verificare le fonti da cui traggono notizie o a fare ricerche per controllare se quello che hanno letto è vero. Dobbiamo osservarli oggi e non fare proiezioni catastrofiche sul futuro, possiamo fare molto per loro, ma a partire da oggi, dal presente. Stiamo andando verso un’identità digitale e la costruzione della loro personalità avviene anche in base all’uso che fanno della rete».

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