QUARTA CONFERENZA EUROPEA SULLA RIDUZIONE DEL DANNO

data di pubblicazione:

21 Dicembre 2018

Susanna Ronconi, in un articolo pubblicato su Fuoriluogo, commenta i principali risultati delle discussioni tenutesi durante la 4° Conferenza europea sulla Riduzione del Danno (RdD) di Bucarest. Uno dei dati centrali emersi riguarda le difficoltà crescenti con cui le politiche di riduzione del danno si scontrano nei paesi dell’Europa dell’Est, a causa dell’avversione di principio dei governi verso tale approccio. Le forti riduzioni dei finanziamenti in alcuni paesi est-europei pongono gravi incognite non solo sulla tenuta dei servizi, ma anche sulla qualità della vita e sulla salvaguardia del diritto alla salute dei consumatori di sostanze. Tuttavia, durante la Conferenza, si è registrato un complessivo aumento, su scala europea, della diffusione dei servizi di riduzione del danno. “Una centralità particolare hanno avuto le metodologie che stanno dimostrando  efficacia nel fronteggiare rischi e danni all’ordine del giorno: la distribuzione del naloxone e le stanze del consumo contro le overdosi,  il contrasto alla diffusione dell’epatite C, l’emergenza carcere, le nuove sostanze, per cui il drug checking e la prospettiva di pratiche di autoregolazione indicano strade importanti.  In filigrana, tre temi che rimandano ad altrettante necessarie campagne politiche. I finanziamenti: da un lato i tagli ai sistemi di welfare in tutta l’Unione, e la relativa debolezza che ancora connota in molti paesi la scelta a favore della Riduzione del Danno; dall’altro la crisi dell’Est, che fino a ieri si è basato su finanziamenti di agenzie internazionali che oggi si stanno ritirando, in assenza di governi che rilevino il testimone. Secondo, il ruolo cruciale delle associazioni non governative, sia sul piano dell’innovazione che su quello dell’azione politica e di advocacy  e di “collante” del nesso politiche sulle droghe – diritti umani. Terzo e non ultimo, la necessità di non rinunciare al ruolo delle evidenze nel dibattito politico, anche se ai populismi in generale non importa molto”.

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