LA DIPENDENZA DA SOSTANZE COME MALATTIA CRONICA DEL CERVELLO: PUNTI DI FORZA E CONTRADDIZIONI DEL PARADIGMA

data di pubblicazione:

11 Febbraio 2016

cover201503bpUno stimolante saggio di Stefano Canali, pubblicato su Medicina delle Dipendenze, affronta alcune rilevanti questioni del dibattito contemporaneo sulle dipendenze. Grazie ai progressi compiuti negli ultimi vent’anni dalle neuroscienze, che hanno senza dubbio alcuno permesso un notevole avanzamento delle conoscenze disponibili sui meccanismi e sui processi cerebrali implicati nelle dipendenze, l’interpretazione della dipendenza come malattia cronica del cervello ha guadagnato sempre più consenso. Ridotto ai minimi termini, tale paradigma, nella sua versione “pura” promuove una visione della dipendenza come patologia del cervello, o meglio come malattia cronica del sistema nervoso centrale. Centrale sarebbe il ruolo di mediazione del piacere esercitato dalla dopamina, il cui rilascio è caratteristico di tutte le sostanze d’abuso.

Canali, tuttavia, si domanda: se tutto ciò è vero, se quindi nel modello della dipendenza come malattia cronica del cervello un soggetto dipendente da sostanze è destinato, alla fin fine, a rimanere tale, perché vari studi epidemiologici hanno dimostrato che la remissione rappresenta la norma, e non l’eccezione, nelle dipendenze? In particolare, molte indagini epidemiologiche sembrano suggerire un chiaro nesso fra età e remissione: all’aumentare dell’età, aumenta il tasso di remissione. Un’altra contraddizione evidenziata da Canali è, riprendendo l’espressione di Cohen (1985), l'”illusione clinica”: la maggioranza di studi che ha fondato e validato il modello della dipendenza come malattia cronica del cervello si basa su ristretti campioni composti in prevalenza da soggetti istituzionalizzati e/o con comorbilità psichiatrica ed esclude tutti coloro che non hanno accesso -volontario o coatto- ai trattamenti per le dipendenze. L’illusione o la distorsione clinica indicherebbero così l’errata generalizzazione all’insieme della popolazione che soffre di problemi di dipendenza da sostanze delle caratteristiche attribuibili a una minoranza di soggetti.

Nella seconda parte del saggio, Canali, anche prendendo a riferimento famosi studi e casi clinici, si sofferma su alcune decisive implicazioni etiche che continuano a interrogare il campo delle dipendenze. Nei consumi e nelle dipendenze sono così discussi il ruolo  dell’auto-controllo o dell’auto-regolazione (o, espresso nel linguaggo della filosofia morale, della volontà), il pericolo di riduzionismo insito nel modello della dipendenza come malattia del cervello. In fondo, ciò che il modello della dipendenza come malattia del cervello mette in discussione è l’idea, la possibilità di controllo volontario del comportamento nel soggetto dipendente da sostanze, o in termini etici, dei suoi margini di auto-determinazione.

Canali S., 2015, Una malattia cronica, Medicina delle dipendenze, 17, Marzo, pp. 21-27.

Disponibile c/o CESDA.

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