CHIUSURA DEGLI OPG E SICUREZZA SOCIALE

data di pubblicazione:

27 Aprile 2015

imagesLa tanto rimandata e attesa chiusura degli Ospedali Psichiatrico Giudiziari (OPG) pare finalmente arrivata a un punto di svolta. Infatti, il governo ha disposto, il 31 marzo, la chiusura di tutte le strutture di questo tipo, che rappresentano come è noto l’ultimo residuo manicomiale rimasto attivo nel nostro paese dopo l’approvazione della legge Basaglia del 1978. Dopo anni di discussioni e di contrapposizioni, ora sembra veramente arrivato il momento di voltare pagina e di superare l’esistenza di questa istituzione che, sul piano del mandato socio-politico, è da sempre caratterizzata dall’ambiguo imperativo di massima protezione sociale, più che di cura. Ciò ha determinato molte contraddizioni, non essendo sempre chiaro il confine fra controllo sociale e diritto alla cura. Come sostiene l’ass. Antigone in un recente articolo, l’imminente trasformazione degli OPG in strutture residenziali di piccole dimensioni, nonostante i problemi organizzativi e legislativi ancora aperti, non può diventare un ulteriore alibi per rimandare la chiusura dei sei OPG ancora operanti sul territorio nazionale. Destano infatti preoccupazione la lentezza e le resistenze con cui Regioni ed enti locali stanno predisponendo la messa in funzione di queste nuove strutture residenziali destinate a ospitare i detenuti attualmente reclusi negli OPG. Come spiega Marietti di Antigone, la logica della cura deve prevalere sulle pur giuste esigenze collettive di sicurezza: “Più visitiamo gli Opg – ha aggiunto Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’Associazione – più ci rendiamo conto che la maggior parte dei casi hanno poco a che vedere con la sicurezza pubblica”. “A tal proposito è importante che le Rems non ripropongano una logica per troppo tempo vista negli Opg, ma che mettano al centro un progetto di cura che non sia solo sedazione, ma – ha concluso Marietti – un progetto terapeutico con la presa in carico sociale della persona”.

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