ALCOL, PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE E CANCRO

data di pubblicazione:

26 Gennaio 2015

recentiprogressiinmedicinaLe recenti acquisizioni scientifiche ci impongono di rivedere alcune posizioni mediche nei confronti delle bevande alcoliche. L’evidenza scientifica in questi anni ha riscontrato come bassi dosaggi di etanolo (10-25 g/die) possano comportare una riduzione del rischio di insorgenza della patologia ischemica coronarica. L’effetto protettivo è stato messo in relazione per diverso tempo alla presenza di resveratrolo e polifenoli contenuti nel vino rosso. Tali sostanze hanno un’azione antiossidante, antinfiammatoria, antifibrotica e anticancerogena.

Più recentemente è stato dimostrato come la quota di tali sostanze disponibile per l’assorbimento sia in quantità non sufficiente per gli effetti preventivi. In realtà, l’effetto benefico è stato riscontrato per tutti i tipi di bevande alcoliche e, quindi, l’azione di prevenzione sarebbe da ricondurre all’etanolo stesso.
Il consumo di una “moderata” quantità di alcol aumenta la quota di high density lipoprotein (HDL), riduce le low density lipoprotein (LDL), l’aggregabilità piastrinica e l’attività di coagulazione, favorisce la vasodilatazione, sfavorisce la cascata di eventi che conducono all’aterosclerosi, riduce la gravità di vasculopatia diabetica, esercita un effetto protettivo nei confronti del danno tissutale da ischemia-riperfusione1.

Sebbene questa relazione tra bassi livelli di consumo di alcol e la riduzione del rischio di cardiopatia coronarica risulti da molti studi, non la si riscontra nella totalità delle ricerche. Inoltre, l’azione protettiva riguarderebbe solo la popolazione oltre i 35 anni. In ogni modo, nonostante alcuni limitazioni metodologiche e nonostante la non
univocità dei risultati, ad oggi possiamo affermare che una quota rilevante di lavori scientifici è a favore di un effetto protettivo di alcol (circa 10 g/die) nei confronti della patologia ischemica coronarica.
In realtà la valutazione costo-beneficio ci indica come il rischio minimo di mortalità è pari a 0 g/die al di sotto dei 34 anni sia per i maschi sia per le femmine, intorno ai 5 g/die per gli uomini di mezza età e meno di 10 g/die per quelli oltre i 65 anni. Per le donne, invece, è prossimo a 0 g/die per un età inferiore di 65 anni e meno di 5 g/die oltre i 65 anni5,6. È noto come gli stessi dosaggi accettati, o addirittura consigliati, favoriscano parallelamente 60 patologie differenti e in particolare, nel settore cardiologico, l’ipertensione arteriosa e le aritmie in modo dose-dipendente, con un incremento del rischio sin da modiche quantità.

Recentemente, inoltre, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) – Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha concluso che il consumo di bevande alcoliche, l’etanolo e l’acetaldeide hanno un rapporto causale con l’insorgenza del cancro nell’uomo . Ricordiamo che in questo gruppo di cancerogeni sono presenti sostanze come l’asbesto, le radiazioni, il fumo di sigaretta, ecc. In particolare, l’alcol favorisce questi tipi di tumore: cavità orale, faringe, laringe, esofago, intestino, fegato, pancreas e mammella.

Nell’alcoldipendente l’insorgenza di cancro aumenta in tutti i distretti dell’organismo. Inoltre, l’OMS chiede alla classe medica di essere maggiormente efficiente nel contrastare il consumo di bevande alcoliche e raccomanda di non utilizzare più la parola “abuso”, sostituendola con il termine “consumo”. Non può essere eticamente giustificato il dosaggio moderato di una sostanza tossica e cancerogena.

È stato, infatti, dimostrato che in Europa (Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Spagna e Gran Bretagna) può essere attribuito al consumo di alcol il 10% dei casi di tumore nei maschi e il 3% nelle femmine. In entrambi i generi la frazione attribuibile è più alta per i tumori del tratto aereo-digestivo superiore (44% nei maschi, 25% nelle femmine), seguiti dalle neoplasie del fegato (33% nei maschi, 18% nelle femmine), del colon-retto (17% nei maschi, 4% nelle femmine) e della mammella (5-6%). La percentuale cresce se il dosaggio quotidiano supera i 24 g/die per l’uomo e i 12 g/die per la donna: 10% dei cancri colon-retto, 27% dei cancri epatici e 38% dei cancri del tratto aereo-digestivo superiore9,10. Per alcuni tipi di tumore il rischio relativo aumenta in modo significativo già a dosaggi inferiori ai 10 g/die (cavità orale, faringe, esofago, mammella). L’alcol, quindi, è una sostanza tossica e cancerogena il cui consumo non comporta rischi solo per gli alcoldipendenti, ma anche per i cosiddetti bevitori “moderati” o “sociali”.

Per tali ragioni non esistono i presupposti scientifici per qualificare né sostenere l’uso dell’etanolo come sostanza preventiva o come farmaco.

Piuttosto, come suggerisce l’OMS, sarebbe conveniente ridurre i decessi per ischemia coronarica attraverso indicazioni di buon senso: regime alimentare equilibrato e personalizzato, riduzione del sale, movimento fisico, riduzione del peso. Un consequenziale e corretto comportamento da parte dei professionisti della salute dovrebbe essere quello non di incentivare il consumo di bevande alcoliche, bensì di informare i pazienti che l’alcol, anche a bassi dosaggi, può favorire insorgenza di tumore. Appare evidentemente irrazionale consigliare un consumo alimentare per l’eventuale prevenzione di una sola patologia, sapendo che in tal modo ne favoriamo numerose altre.

Il Parlamento Europeo ha considerato ricevibile la proposta di inserire sulle etichette l’informazione che l’alcol (vino, birra o superalcolici) può favorire l’insorgere di cancro. Alla luce di questa valutazione e in relazione all’evidenza scientifica sul rapporto alcol e cancro, è bene ricordare come sia inopportuno consigliare modiche quantità di alcol: e questo sia per motivi di ordine etico che per possibili ripercussioni di ordine medico-legale.

È necessario, infine, precisare come non vi potrà mai essere una modalità di studio adeguata a dare una risposta definitiva sugli effetti protettivi di quantità moderate di alcol, poiché sarebbe necessario ricorrere a uno studio caso-controllo, alla misurazione diretta dei consumi alcolici (in tutti gli studi sempre auto-dichiarati), alla registrazione puntuale nel corso degli anni degli stessi e alla valutazione, nel lungo periodo, delle variabili di esito. Occorre, dunque, piuttosto, in una prospettiva di salute pubblica, applicare il principio di cautela o di precauzione e segnalare il possibile rischio incrementato di insorgenza di neoplasie.

Alcol, prevenzione cardiovascolare e cancro
Gianni Testino, Silvia Leone, Valentino Patussi, Emanuele Scafato
Recenti Progressi in Medicina – Il Pensiero Scientifico Editore, 2014, pag. 144-146

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