IL RICAMBIO GENERAZIONALE NEI SERVIZI DI CURA DELLE DIPENDENZE

data di pubblicazione:

4 Marzo 2017

dal fare al direSul nuovo numero di “Dal fare al dire” è contenuto un interessante confronto a più voci sulla delicata questione del (mancato) ricambio generazionale degli operatori che lavorano nei servizi di cura delle dipendenze. Le riflessioni fornite dai sei ospiti (Claudio Cippitelli, sociologo del Consorzio Parsec, l’antropologo Felice di Lernia, Leopolodo Grosso di Gruppo Abele, Giuseppe Di Pino, operatore di strada del comune di Venezia, Marco Nocchi, responsabile area disagio sociale e dipendenze dela Regioen Marche, Stefano Vecchio, Direttore UOC Dipendenze dell’ASl 1 Napoli) sono stimolanti e ricche di spunti, di cui si fornisce una breve sintesi. Per Cippittelli è decisiva la domanda sulle modalità attraverso le quali la generazione di operatori che sta andando in pensione può confrontare le proprie esperienze con quelle di chi li sostituirà, a partire dal riconoscimento che la generazione degli operatori degli anni ’80 ha “scoperto” nuovi soggetti sociali e nuovi bisogni. Per Di Lernia l’invecchiamento degli operatori nei servizi corrisponde a una questione strutturale: si tratta a suo avviso di un invecchiamento sistemico, che dà luogo nelle équipe di lavoro a problemi di trasmissione delle conoscenze maturate e a dislivelli di potere che vanno riconosciuti e gestiti. Per Grosso, dietro il mancato ricambio generazionale degli operatori, si cela anche il problema dell’identità professionale e umana degli operatori delle dipendenze, che apre varie questioni decisive (il burn-out, le motivazioni, la selazione degli operatori, le auto-rappresentazioni, la fatica relazionale che il contatto con l’utenza comporta). Nocchi invece riflette sulle conseguenze organizzative e gestionali dell’impostazione dei servizi sempre più spesso orientata a obiettivi di natura economica, più che di salute pubblica.

Al cuore della questione. Quale ricambio generazionale?, Dal Fare al Dire, febbraio 2017, pp. 20-29.

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